Le toghe non si toccano, prof e giovani vengono stangati: 80 università in rivolta contro Renzi
L’istruzione non è più “roba loro”, le riforme – non rivoluzionarie ma comunque incisive quanto basta – hanno rimescolato le carte, facendo perdere alla sinistra il “predominio” nell’istruzione che andava avanti dagli anni Settanta. Esistono ancora i “baroni rossi” negli atenei, sia chiaro, ma non sono più totalmente egemoni, tranne in alcune zone-roccaforte. Lo stesso dicasi per gli insegnanti, quelli di sinistra sono di più, ma non c’è maggioranza bulgara. Niente a che vedere quindi con le toghe, che restano un baluardo “democratico”. E allora il governo Renzi ha bloccato gli scatti per i professori universitari e ha invece cancellato il blocco per i magistrati (e gli avvocati di Stato). In più ha aggiunto un forte taglio agli atenei. Una scelta incomprensibile, che ha fatto salire la tensione. Dove sono finiti i discorsi della sinistra sulla necessità di incentivare la ricerca e di valorizzare le giovani leve? Al macero. Erano slogan e slogan sono rimasti. Ragion per cui i professori universitari sono scesi sul piede di guerra contro il blocco degli scatti e i tagli agli atenei. Una rete trasversale di più di 16mila docenti di circa 80 università in tutta Italia ha inviato, infatti, un appello a Renzi: «Ci ascolti o bloccheremo gli esami e le sessioni di laurea». Una vera e propria «minaccia» contro il «protrarsi del blocco degli scatti stipendiali legati al merito» che invece è stato annullato per i magistrati, avvocati e Procuratori dello Stato. Inizialmente previsto per il 2011-2013, poi già esteso al 2014, il blocco minaccia di proseguire anche oltre. Da qui la presa di posizione dei docenti degi atenei. La rete dei professori, già attiva da tempo, sottolinea «con forza che non si può pensare di ridare fiducia al Paese senza valorizzare la formazione delle giovani generazioni e la ricerca scientifica. L’Università – viene rilevato – vive un profondo disagio per i tagli subiti negli ultimi anni. Se con finanziamenti irrisori si sono avuti risultati notevoli e servizi ben superiori alle risorse impiegate è stato anche grazie ai sacrifici». Adesso, però, è il momento di dire basta: il blocco degli scatti di stipendio non sarà più accettato. Il tutto in considerazione anche del fatto che non si tratta di scatti automatici, ma di riconoscimenti attribuiti già in base al merito che «tutti affermano di voler valorizzare e che invece viene pesantemente mortificato». Qualche cifra aiuta a capire quanto questo incida sui redditi dei docenti universitari. A partire dai più giovani ricercatori per finire ai professori ordinari, in virtù del blocco degli scatti stipendiali di merito, questo personale ci rimette in media ben 180 euro netti ogni mese. E tale situazione persiste da quasi quattro anni. «I docenti universitari in questi quattro anni – si sostiene in un documento– hanno già dato un contributo notevole al risanamento del Paese (oltre mezzo miliardo di euro). Non chiediamo nulla per i quattro anni passati, ma chiediamo con forza che da inizio 2015 si torni alla situazione normale: abbiamo già dato. Ora se occorre reperire ulteriori fondi il governo cerchi là dove in questi quattro anni i vari governi non hanno cercato». Sul tavolo anche il «riconoscimento, ai fini giuridici, del quadriennio 2011-2014». In assenza di una risposta positiva «verranno messe in atto una serie di azioni che culmineranno nel blocco degli esami e delle tesi di laurea».