Leroy Merlin s’inventa il campo rom con lo sponsor, ma in cambio vuole dal Comune di Roma l’area della Barbuta
Via il campo nomadi, spazio al grande centro commerciale che in cambio si farebbe carico di costruire un nuovo insediamento. È quanto potrebbe accadere a La Barbuta, la cui area interessa a Leroy Merlin. A dare notizia dell’esistenza di un progetto per il primo campo rom “sponsorizzato” d’Italia è l’Associazione 21 luglio, che si occupa di rom e sinti. Annunciando la presentazione del dossier “Terminal Barbuta” sul proprio sito, la onlus spiega che «si discute la possibilità, sempre più concreta, di spostarne nuovamente i residenti presso un insediamento da costruire ex novo, chiudendo così il “villaggio della solidarietà” inaugurato nel 2012 e costato all’Amministrazione locale diversi milioni di euro». «Il progetto – si legge ancora sul sito dell’associazione – rappresenta un’assoluta novità visto che per la prima volta in Italia l’onere per la progettazione, la costruzione e la gestione di un nuovo mega insediamento monoetnico dovrebbe essere interamente a carico di un ente privato, Leroy Merlin Italia».
Una volta divulgata la notizia è stato il consigliere comunale radicale, Riccardo Magi, a chiarire quale fosse il vero interesse della catena e a raffreddare gli entusiasmi con cui l’ipotesi è stata presentata. «L’area del campo La Barbuta è del Comune di Roma e sarebbe necessaria una variante del piano regolatore per destinarla a edificazione da parte di un ente privato», ha spiegato l’esponente radicale, aggiungendo che il problema però non è solo tecnico. «Ciò che vorrebbe realizzare Leroy Merlin è illegittimo. La strategia europea segna il superamento dei campi rom», ha aggiunto Magi, ricordando che il Comune di Roma ha recepito la direttiva europea che di fatto mette all’indice i campi in nome di una non meglio spiegata «vera inclusione sociale». Secondo le prime indiscrezioni, una volta costruito il nuovo campo, in un’area che non stata ancora indicata, la società di Leroy Merlin dovrebbe darlo in gestione a una cooperativa sociale, che verrebbe pagata per questo servizio.
Insomma, ci si ritroverebbe a ricominciare da capo. Il campo de La Barbuta, «uno dei più controversi di Roma», come scrive perfino l’Associazione 21 luglio (usando un’espressione eufemistica), non è un vecchio campo nato spontaneamente e cresciuto al di fuori delle regole. Almeno, non lo è più da quando, nel 2011, l’amministrazione Alemanno scommise contro il degrado con uno stanziamento economico molto importante e trasformò l’area in «villaggio della solidarietà». Oggi quel tentativo di dare un indirizzo diverso ai campi rom appare fallito: La Barbuta non è nient’altro che un insediamento vandalizzato, abbandonato a se stesso e al degrado. Una situazione ampiamente favorita dal fatto che con la giunta Marino è stata sospesa la vigilanza garantita da Risorse per Roma, come di recente ha denunciato lo stesso Alemanno in un video su youtube. Ma sul quale incide anche lo stile di vita dei circa 580 residenti del campo, i quali dovrebbero essere i primi custodi della loro casa e, invece, in appena tre anni, sono riusciti a rimpiombare nella situazione in cui si trovavano prima della costruzione del «villaggio». Ora si parla di questo nuovo campo e del fatto che potrebbe essere sponsorizzato. Visti i precedenti, nulla fa pensare che il nuovo insediamento possa resistere al degrado meglio e più a lungo de La Barbuta. C’è comunque da augurarsi che l’accordo vada a buon fine: almeno a pagare non saranno i romani.