#Millegiorni: l’ultimo slogan di Renzi, lo “sprinter” fallito che si trasformò in lumaca
Esistono i millepiedi, c’è la millefoglie e, da oggi, nel lessico politico nostrano debuttano finalmente i “Millegiorni”. La maiuscola è d’obbligo perché essi non rappresentano tanto o solo un banale lasso di tempo bensì l’avvio promettente di un nuovo inizio “renziano” capace di lasciarsi alle spalle tutto il rottamando passato, nel nome di una discontinuità totale ed assoluta che ora comincia a farsi persino ridicola.
Già, perché Matteo Renzi siede a Palazzo Chigi ormai da quattro mesi: pochi, certo, se rapportati alla pesante eredità ricevuta; sufficienti tuttavia a giudicarne l’opera se si considera lo spread tra il crepitare dei suoi annunci e la modestia dei risultati raggiunti. Ora vuole ricominciare daccapo, il premier. Azzerando tutto. Persino il ritmo frenetico da egli stesso imposto ad una politica paralizzata da veti interni ed internazionali.
Ricordate? In principio fu la direzione del Pd convocata alle 7 del mattino con grave disappunto degli uscieri del Nazareno e con massimo imbarazzo dei rosiconi filobersaniani, intontiti dalla prorompente energia del nuovo leader. Quindi, una volta disarcionato Letta da Palazzo Chigi, fu l’assalto alla torre della crisi economica a colpi di annunci roboanti, puntualmente seguiti da precipitose ritirate. E laddove – come nel caso degli 80 euro – l’impegno è stato onorato (almeno finora), gli effetti sull’economia reale sono stati pari a zero.
Sotto il bersaglieresco passo di carica niente, verrebbe da dire. Anche se è proprio l’ostentata frenesia l’elemento indentitario del renzismo. Sia che passi in rassegna un picchetto d’onore, sia che scenda dalla scaletta di un aereo o semplicemente camminando per strada, il premier dà sempre l’impressione di uno che ha tanto, ma tanto da fare. A Napoli si dice vaco ‘e pressa (“vado di fretta”). Ma ai piedi del Vesuvio la fretta è direttamente imparentata con l’arte di perdere tempo. E, forse, i ripetuti flop dell’azione di governo devono aver convinto anche Renzi che il rischio di scadere a macchietta era tutt’altro che remoto. Del resto, il premier è un ragazzo sveglio. Nessuna meraviglia, dunque, se in pochissimo tempo da sprinter si è fatto prima fondista (#passodopopasso) e poi maratoneta (#millegiorni). In pratica, è come se stesse già rottamando se stesso. E chissà se non sia proprio questa #laveravoltabuona.