Monti, Letta e Renzi ci spieghino dove e quando hanno visto la luce in fondo al tunnel

27 Set 2014 16:27 - di Girolamo Fragalà

Non è catastrofismo perché nessuno sta sulla riva del fiume in attesa che passi il cadavere del nemico. È una verità che è emersa a piccole dosi e offerta all’opinione pubblica su un piatto avvelenato, cucchiaino dopo cucchiaino anche se gli italiani quella verità la conoscevano da tempo. Non c’era bisogno di un politologo raffinato o di un economista eccellente per rendersene conto: la situazione è pessima, mai l’Italia è stata in queste condizioni. E la famosa luce in fondo al tunnel è stata un’illusione creata ad arte dai governi tecnici e di centrosinistra. Monti ci aveva raccontato che eravamo un passo dal sol dell’avvenire che illumina il futuro (senza riferimento alla metafora socialcomunista), Letta ci aveva assicurato che il peggio era alle spalle, Renzi – appena poche settimane fa – aveva annunciato a destra e a manca che la ripresa era iniziata. Un commedia. Attori di serie b, dilettanti allo sbaraglio. Una commedia con un finale a sorpresa: lo choc provocato dai dati ufficiali che registrano un forte calo del Pil, l’aumento del debito pubblico, i consumi ai minimi termini, la disoccupazione in crescita, le aziende che chiudono a livelli record. Si abbassa il sipario, niente applausi, i fischi del loggione. Le associazioni dei consumatori hanno lanciato l’allarme con un perentorio «bando alle chiacchiere» mentre sta andando in scena un’altra commedia, sul palcoscenico sono saliti i sindacati, le banche, la vecchia e la nuova sinistra, le stilettate, il viaggio negli Stati Uniti del premier che vuole fare l’americano sulle note del maestro Carosone, il video propagandistico prodotto al ritorno in patria. «Renzi perde pezzi. Ogni giorno c’è qualcuno che lo molla», ha detto Maurizio Gasparri. «Il miracolo non c’è stato, ha perso troppo tempo e fatto promesse non mantenute». Il tribunale del web, implacabile, ha già condannato il premier «per le troppe bugie raccontate» e giù a ironizzare sui novanta giorni per fare le riforme diventati all’improvviso mille, una differenza non da poco.  Con una canzoncina a margine: «Ma te c’hanno mai mannato a quel paese». C’è pure la questione interna che tiene banco: «Renzi ha bisogno tutti i giorni di legittimarsi davanti ai suoi gruppi parlamentari – ha commentato Renato Brunetta – e non governa i suoi gruppi parlamentari, figli di Bersani e di un altro Partito democratico». Ma questo è un altro film. Ciak, si gira.

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