Pd in crisi: primarie emiliane addio, Renzi vuole Delrio
Il day after è pesante. Bocche cucite da Roma sul polverone emiliano che vede coinvolti due uomini pesanti del Pd, Matteo Richetti, renziano doc, e Stefano Bonaccini, convertitosi di recente al verbo del rottamatore. Sotto il peso delle indagini che li vedono coinvolti per le spese pazze in Regione risalenti al 2012, le primarie già convocate per la scelta del candidato dell’era post-Errani sono più che a rischio. Se il bel Richetti ha avuto la brillante idea di ritirarsi dalla partita qualche ora prima della notizia (con un laconico sms ai suoi “mi fermo qui” e con un post su Facebook più articolato) Bonaccini per ora resta in pista convinto di poter «chiarire tutto» in Procura. Ma la realtà è molto diversa.
Non è un mistero che Renzi abbia in testa da molto tempo il nome del futuro governatore (Graziano Delrio) e che non abbia affatto gradito il pasticciaccio brutto delle due candidature alternative. Ormai è evidente che l’appuntamento del 28 settembre (in gara, di fatto, resta soltanto l’outsider Roberto Balzani) è destinato a saltare con grande gioia di Palazzo Chigi. La tempistica è eloquente: la macchina si inceppa e tutto cambia dopo la visita di Renzi alla Festa dell’Unità, la sua chiacchierata con Errani e le pressioni su Richetti che, infatti, si ritira per ragioni politiche – evitare risse interne – e non per l’avviso di garanzia. Il candidato a prendere il testimone di Errani, uscito di scena anticipatamente sotto il pressing dell’opposizione di centrodestra, dunque sarà il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio diventato scomodo, o in seconda battuta il ministro Giuliano Poletti (si fa anche il nome del sindaco di Imola, Daniele Manca).
Che le primarie verranno sospese è convinto Fabio Filippi, consigliere regionale di Forza Italia, già consigliere comunale di Reggio, che si è speso molto per le dimissioni di Errani sommergendolo di richieste di atti ispettivi, documenti, chiarimenti sul caso di Termini Imerese. «Renzi ha già tutto pronto, ha già deciso tutto, altro che consultazioni popolari. E poi le primarie si sono già rivelate un flop. Non è più come in passato». Da emiliano doc, il consigliere azzurro conosce bene la sinistra della regione rossa: «Il potere consolidato si sta sgretolando, sono venuti meno i tre grandi pilastri su cui si sosteneva: la retorica resistenziale, la cooperazione che è diventata solo un business privo dell’antico afflato e l’ideologia. Alla sinistra à rimasta solo la rete ancora capillare legata all’economia, al posto pubblico, all’amministrazione. Insomma la carta del clientelismo». Eppure, a due mesi dal voto, malgrado le tegola della magistratura, l’Emilia è ancora un osso duro da espugnare per il centrodestra che sta lavorando per mettere in piedi un cartello elettorale unito da Forza Italia alla Lega passando per Fratelli d’Italia. «La sinistra è destinata a crollare – spiega Filippi – magari non sarà tra un mese o sei mesi… Anche Renzi sta perdendo appeal, si avverte». Non c’è dubbio che, a dispetto delle conversioni delle ultime ore, l’anima bersaniana e dalemiana sia ancora prevalente dalle parti di Bologna. «Lo stesso Bonaccini è un emissario del vecchio apparato. Ora costretto all’archiviazione dalle indagini dei magistrati». Indagini dal tempismo sospetto? «Beh, un avviso di garanzia può essere casuale, ma due avvisi nello stesso giorno lasciano pensare. Significa che “qualcuno” ha voluto vederci bene dentro…».