Scozia “indipendente”? Panico a Downing Street
Se Londra non trema, la preoccupazione per l’esito del referendum scozzese cresce di ora in ora da parte di Downing Street. Per la prima volta un sondaggio, pubblicato a meno di due settimane dalle urne del 18 settembre, dà infatti in vantaggio i “sì” alla secessione dalla Gran Bretagna. La rilevazione – realizzata da YouGov per il Sunday Times e dilagata in apertura su tutti i media britannici – attribuisce ora agli indipendentisti un 51% contro il 49% di coloro che vogliono difendere il legame con l’Inghilterra e con tutto il Regno Unito. In base al margine di errore statistico si tratta di un pareggio virtuale. Il dato resta clamoroso e corona la lunga rimonta dei sostenitori del divorzio, partiti piuttosto indietro all’inizio della campagna. «Non siamo in panico», minimizza Alistair Darling l’ex cancelliere dello Scacchiere britannico che guida la campagna unionista, ma lo shock è pesante. Darling respinge le critiche degli indipendentisti che puntano il dito contro l’annuncio di George Osborne che ha offerto maggiore autonomia alla Scozia se resta nel Regno Unito. I dettagli non sono ancora noti e il piano verrà illustrato in questi giorni, ma il fronte del “sì” lo ha già bollato come una reazione in extremis dettata dalla paura. Il primo ministro del governo scozzese, l’indipendentista Alex Salmond, ha liquidato la proposta come un tentativo di “corruzione” dell’elettorato. Si tratta di «poteri aggiuntivi per il Parlamento scozzese già preannunciati dai leader dei partiti sia in Inghilterra sia in Scozia», ha detto invece Darling alla Bbc. «Ho sempre detto – cerca di rassicurare – che dai sondaggi sarebbe emersa una corsa serrata per via dell’entità del dibattito’ con la consapevolezza tuttavia dei rischi». Infine l’iniezione di fiducia: «Vinceremo questo referendum perché la maggioranza degli scozzesi vuole un future migliore e più forte per sé e per le generazioni future». Il risultato del sondaggio ha avuto pesanti ripercussione sui mercati valutari, al punto che la sterlina ha perso l’1% del proprio valore sui mercati asiatici (scendendo al livello più basso dal novembre 2013) e ha aperto in calo anche sui mercati europei, confermando l’ansia della comunità finanziaria per il referendum.