Ucraina, Putin ha già battuto la Nato e l’Unione europea. E c’è chi lo ammette (arrossendo)
Vladimir Putin esce tuttora vincitore sul campo nel conflitto ucraino, sia internamente sia sul piano internazionale, come ammettono riservatamente molti leader e diplomatici occidentali. Ma si trova tra i due fuochi del rafforzamento della presenza Nato ad est e di possibili nuove sanzioni se non reggerà il cessate il fuoco raggiunto venerdì a Minsk. Due passi ai quali si riserva di rispondere, in una partita dove però intanto ha già dato spregiudicatamente scacco a Kiev e all’Occidente. Dopo mesi di inutili mediazioni internazionali, ha rischiato la carta dei suoi parà in una guerra ibrida ”invisibile” che ha preso in contropiede gli strateghi occidentali e costretto il neo presidente ucraino Petro Poroshenko al negoziato, dettando platealmente in tv le condizioni della tregua. Lo ha fatto con un tempismo studiato, inducendo la Ue a congelare le nuove sanzioni con un accordo last minute. Anche perché le sanzioni della Ue hanno danneggiato più l’Europa che Mosca. Lui intanto ha congelato il conflitto a tutto favore degli indipendentisti filorussi, ormai legittimati come interlocutori da Kiev da quegli stessi leader che per mesi li avevano bollati come “terroristi”. Una campagna che all’interno gli ha consentito di compattare patriotticamente il Paese e di strappare un consenso record, sullo sfondo di una propaganda senza precedenti e di una strumentalizzazione della storia a uso e consumo del moderno zar. Certo, ormai Putin pare aver perso irreversibilmente l’Ucraina, uscita dall’orbita di Mosca e della sua Unione Doganale. Ma, dopo il referndum con cui la Crimea ha scelto la Russia, ha ancora le leve per rallentare il cammino di Kiev verso la Ue e, cosa che più conta ai suoi occhi, per ostacolarne l’adesione alla Nato. L’arma è la destabilizzazione: ottenendo per il Donbass un’autonomia tale da contrastare gli slanci euro-atlantici del nuovo potere di Kiev, o trasformando il braccio di ferro in un conflitto congelato come quello delle repubbliche secessioniste filorusse dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia, in Georgia, o della Transnistria, in Moldova. Tra un paio di mesi, inoltre, potrà usare, anche sull’Europa, l’argomento energetico dopo la sospensione delle forniture di gas a Kiev. L’ipotesi di un riaccendersi della guerra sarebbe invece pericolosa anche per il Cremlino: le sanzioni già in vigore cominciano a mordere sulla Russia, un nuovo giro di vite potrebbe però essere un brutto colpo oltre che per Mosca, anche per l’Europa. Quanto alla forza di intervento rapido varata dalla Nato, che avrà il comando in Polonia, nemica giurata da sempre di Mosca, e userà cinque basi già esistenti nei Paesi baltici e Romania per schierare a rotazione le truppe capaci di intervenire ovunque in 48 ore, la Russia ha già promesso di rispondere, anche aggiornando la propria dottrina militare. Mosca sa che l’iniziativa di Bruxelles è solo uno sfoggio di muscoli per rassicurare alcuni membri dell’Alleanza, ma non può far finta di nulla.