Ankara: «Aiuteremo i curdi». Obama convince Erdogan a fare fronte comune contro l’Isis
Evidentemente la chiacchierata tra Obama ed Erdogan ha funzionato: la Turchia ha cambiato opinione. Rafforzare la lotta contro l’Isis: questo si sono ripromessi domenica il presidente americano, Barack Obama, e quello turco, Recep Tayyip Erdogan, in una conversazione telefonica. Obama ed Erdogan hanno discusso della Siria e della situazione a Kobane e delle misure che potrebbero essere prese per arginare l’avanzata dei miliziani jihadisti dello Stato Islamico. E poche ore fa la rivelazione: «Aiutiamo le forze peshmerga curde ad attraversare il confine per raggiungere Kobane». Lo ha annunciato il ministro turco degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, aggiungendo che «le nostre discussioni su questo fronte proseguono». In realtà «non abbiamo mai voluto che Kobane cadesse. La Turchia conduce diverse iniziative per impedirlo», ha detto ancora Cavusoglu annunciando di aver preso misure per consentire a combattenti curdi iracheni di raggiungere Kobane attraverso il territorio turco. Nonostante le pressioni degli Stati Uniti, la Turchia finora si era rifiutata di intervenire militarmente per aiutare i curdi a resistere ai jihadisti dell’Isis in Siria. La verità è che Ankara è impegnata da decenni in un conflitto a bassa intensità contro separatisti curdi del Pkk. La questione è stata poi ribadita dalla Casa Bianca: «Sarebbe irresponsabile non aiutare i curdi», ha detto infatti il segretario di Stato americano, John Kerry, poche ore dopo il lancio da parte di un aereo Usa di armi, munizioni e materiale medico ai curdi assediati nella città di Kobane, nel nord della Siria. Un aereo cargo C-130 ha effettuato numerosi lanci di materiale fornito dalle autorità curde in Iraq per consentire agli assediati di resistere all’offensiva dell’Isis contro la città, ha precisato il Centro in un comunicato. Le armi paracadutate dall’esercito americano per i curdi «sono di grande aiuto», ha detto da parte sua un portavoce delle milizie curde Ypg all’agenzia Afp. «Ringraziamo l’America per il suo sostegno», ha detto Redur Xelil, portavoce dell’Ypg, confermando l’arrivo delle armi all’alba di oggi. È ovvio che questo non possa far piacere ad Ankara, che con i curdi turchi, almeno con la parte del Pkk, ha sempre avuto un pessimo rapporto. Intanto si è appreso che circa 200 curdi sono intrappolati nel nord della Siria fatti prigionieri da jihadisti dello Stato islamico (Isis). Lo riferiscono fonti locali citate dal sito del quotidiano panarabo al Hayat. Le fonti affermano che i curdi sono originari di Ayn Issa, località tra Raqqa e il confine turco, a qualche decina di chilomentri a est di Kobane, la cittadina assediata dall’Isis. I miliziani curdi assediati dai jihadisti dello Stato islamico chiedono l’apertura di “corridoi di sicurezza” all’interno della Siria per collegare Kobane con le altre due zone a maggioranza curda nel nord del Paese. In un’intervista pubblicata sempre da al Hayat, Ocalan Isso, comandante militare delle forze curde di Kobane, ha invocato l’apertura di due corridoi che colleghino Kobane con Afrin, a ovest di Aleppo, e con la regione di Hasake. «Abbiamo decine di migliaia di uomini e armi pesanti a Hasake e Afrin. Vogliamo solo farle arrivare qui», afferma Isso raggiunto telefonicamente mentre comanda le operazioni a Kobane. «Abbiamo chiesto che la Turchia intervenga perché vengano aperti questi due corridoi», ha aggiunto Isso, che ha ribadito come i ribelli siriani anti-regime partecipano alla difesa di Kobane contro i jihadisti dell’Isis.