Apre il bunker di Mussolini a Villa Torlonia. E Marino “benedice”
La notizia non è tanto la riapertura del bunker antiaereo di Benito Mussolini, quanto la benedizione del sindaco anti-fascista Ignazio Marino, pronto a presenziare a una cerimonia che tra i nostalgici del Duce provocherà più di qualche brividino. Sabato alle 12.30 il sindaco di Roma, l’assessore alla Cultura Giovanna Marinelli, il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce e l’Associazione Culturale Centro Ricerche Spelo Archeologiche-Sotterranei di Roma presenteranno alla stampa il nuovo percorso di visita che amplierà la già ricca offerta culturale di Villa Torlonia.
Un percorso nuovo per esplorare i segreti del bunker
Nel nuovo tragitto, sarà possibile visitare il rifugio più importante d’Italia, quello realizzato tra il 1942 e il 1943 per proteggere Benito Mussolini e la sua famiglia nella residenza privata di Villa Torlonia a Roma. E per la prima volta sarà possibile entrare anche nel rifugio cantina posto sotto il laghetto del Fucino attrezzato intorno alla metà del 1940 allo scoppio della guerra. L’apertura al pubblico del bunker e del rifugio avverrà, su prenotazione, a partire da venerdì 31 ottobre.
Nello studiolo che utilizzava il Duce
Subito dopo la cantina si incontrano le porte del bunker, due porte blindate con spioncino. Oltre l’ingresso, c’è un lungo locale alto solo due metri, che si apre lateralmente in rientranze di varia ampiezza per un totale di 80 mq. Qui vennero collocati un gabinetto, lo studiolo di Mussolini, attrezzatura di pronto soccorso, reti e materassi. Alla fine della cantina era situato il pozzo d’areazione, che divenne un’uscita d’emergenza attraverso una scala a pioli ancora sul posto; il punto d’arrivo all’esterno è segnato da una piccola piramide in muratura, oggi chiusa. La targhetta di ferro della ditta Bergomi di Milano, posta su ciò che resta del sistema di ventilazione e filtraggio, azionato a manovella, fissa la data della costruzione: 1940. «Il restauro, diretto da Alberta Campitelli e da Annapaola Agati, è stato molto impegnativo perché il luogo era abbandonato da almeno settant’anni», ha spiegato nei giorni scorsi Claudio Parisi Presicce, sovrintendente capitolino ai Beni culturali. «Ma, finalmente, tutti e tre i rifugi-bunker della villa faranno parte a breve di un percorso didattico curato dall’associazione “Sotterranei di Roma”: un bell’esempio di collaborazione pubblico-privato».