Chiesto il processo per il sondaggista Mannheimer accusato di una frode fiscale da 10 milioni di euro: «restituirò tutto»
La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Renato Mannheimer, il presidente dell’Ispo, indagato assieme ad altre nove persone per la frode che sarebbe stata realizzata attraverso false fatture e società esistenti solo sulla carta, che avrebbero permesso al noto sondaggista di aggirare il fisco e spostare denaro su conti esteri. Mannheimer sembra intenzionato a risarcire in vista di un patteggiamento.
Lo scorso febbraio, il pm di Milano Adriano Scudieri, titolare dell’inchiesta, aveva chiuso le indagini a carico del sondaggista e di altre nove persone, proprio in vista della richiesta di processo da poco depositata e su cui dovrà decidere un gup. Nel frattempo Mannheimer sta cercando di transare per un risarcimento a favore dell’Agenzia delle Entrate, anche in vista di un’eventuale istanza di patteggiamento. Lo stesso sondaggista, nei mesi scorsi, aveva spiegato di essere «pentito» e che si stava muovendo per restituire «tutto quanto» il dovuto.
Mannheimer, in particolare, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e all’utilizzo di false fatture per operazioni inesistenti (per circa 30 milioni di euro), assieme ad altre quattro persone. Tra loro, il commercialista Francesco Mario Merlo e due personaggi già indagati anche nel caso Finmeccanica: Carlo Gerosa e il tunisino Hedi Kamoun.
Il noto sondaggista, stando all’imputazione, è indagato nella qualità di «amministratore e legale rappresentante» della Ispo Ricerche srl e come responsabile di altre società. E sarebbe stato proprio lui «l’ideatore e beneficiario dell’attività fraudolenta, posta in essere attraverso il consulente e commercialista Merlo» e tramite le cosiddette società «filtro» e una serie di società «cartiere» tunisine.
Mannheimer, come si legge nell’imputazione, si sarebbe servito «al fine di evadere le imposte sui redditi e sull’Iva, nelle dichiarazioni fiscali societarie per gli anni dal 2004 al 2010» di fatture «per operazioni inesistenti utilizzate dalle società effettivamente operative da lui amministrate, emesse dalle società filtro» e di «fatture per operazioni inesistenti utilizzate dalle società ‘filtro da lui di fatto amministrate, emesse dalle società “cartiere” tunisine».
Il sondaggista, inoltre, avrebbe trasferito poi «il provento dell’evasione alle società “cartiere” tunisine per poi veicolare l’illecito profitto su conti a lui riconducibili radicati in Svizzera, in Antigua e Lussemburgo».