Divorzio breve, il testo si arena al Senato. Giovanardi: troppe lacune da colmare
La corsa alla conquista del divorzio breve si concluderà al fotofinish. E sarà battaglia a colpi di emendamenti. Il testo, velocemente approvato dalla Camera nella primavera scorsa, si è adesso bloccato al varco di Palazzo Madama per l’opposizione bipartisan dei diversi schieramenti in campo. Ne abbiamo parlato con il senatore Carlo Giovanardi (Ncd), membro della commissione Giustizia del Senato, dove è attualmente il disegno di legge.
Quale è il punto sull’iter del divorzio breve?
Intanto facciamo chiarezza sottolineando la distinzione tra il decreto legge che riguarda le norme sul “divorzio fai da te” e il testo in esame che concerne invece il divorzio breve. Discorsi attigui ma differenti. Per quanto riguarda allora il divorzio breve, dunque, dopo il dibattito generale sono stati presentati gli emendamenti: assolutamente indipsensabili a rettificare un testo che è arrivato dalla Camera tecnicamente sbagliato.
E quali sarebbero questi errori da emendare?
Quelli su cui si stanno concentrando tutti i gruppi del Senato dopo aver rilevato come sia stato fatta una grande confusione, a partire proprio dai termini e dai concetti giuridici che indicano, utilizzati nel testo. Una confusione che si è tradotta, per esempio, nella erronea assimilazione delle due fasi di separazione e divorzio, cosa che, tra le varie, ha scatenato critiche condivise globalmente. Tecnicamente, insomma, va tutto riscritto.
Ma allora come mai si parla soprattutto di una fronda Ncd?
Perché abbiamo eccepito su alcune questioni per noi dirimenti in materia: per esempio sulla mancata differenziazione tra la presenza o meno dei figli. L’arco di tempo tra i sei mesi e l’anno richiesto nel testo come intervallo sufficiente per arrivare al divorzio breve, nel disegno di legge così com’è arrivato in commissione al Senato, vale indifferentemente sia che ci siano, sia che non ci siano i ragazzi in un matrimonio che si sta per sciogliere: una delle tante lacune del testo da colmare…
Come si esce dalla secca allora?
Intanto segnalando la nostra intenzione di non votare assolutamente un testo siffatto, poi discutendo sulla mediazione necessaria quando ci sono dei figli, come sulla questione della tutela dei minori; insomma, più in generale, sulle garanzie giuridiche che devono necessariamente essere contemplate in un disegno di legge che affronta una materia delicata come quella di un divorzio. E invece, allo stato dei fatti, tra il decreto sul “divorzio fai da te” – per cui basterebbe andare di fronte a un ufficiale di stato civile a dichiarare che il matrimonio è finito – e la proposta dell’abbreviazione dei tempi giuridici utili alla risoluzione di un contratto matrimoniale, lo scioglimento di un vincolo esistenziale diventa una pratica rapida e facile, quasi quanto bere un bicchiere d’acqua. O giù di lì.
Sarà quindi una guerra a colpi di emendamenti?
Sarà una discussione seria: perché qui siamo passati da un grande dibattito nazionale sulla indissolubilità o meno del matrimonio – grande tematica referendaria ed etica – all’idea che qualunque motivo può giustificare un divorzio, fino ad arrivare a sostenere tempi lampo e, addirittura, il ricorso ad una pratica di “divorzio fai da te”.
Molti nodi sono venuti al pettine, ma restano ancora da dirimere tante questioni…
Dal punto di vista culturale e da quello politico la discussione sul divorzio breve tende a privatizzare lo scioglimento rapido di un istituto riconosciuto dalla Costituzione. Cioè a trasformarlo in un fatto decisamente privato, nell’ambito del quale possono non servire neppure gli avvocati: ce ne è di lavoro da fare…
E questa fretta del Pd allora?
È la stessa fretta che i Democrat hanno per la legge Scalfarotto sull’omofobia, per le unioni civili, e per tutta una serie di iniziative che il Pd tende a portare avanti, ma su cui noi poniamo sempre filtri e argini importanti.