È l’Italia delle emergenze, tutta da ridere se non ci fosse da piangere
È un’Italia tutta da ridere. Se non fosse che c’è solo da piangere. Un’Italia dove purtroppo il peggio non sono i nubifragi, le alluvioni, gli smottamenti e neppure tutte le più o meno immaginabili e o prevedibili vittime. È l’Italia dei paradossi quella che ci snerva e che aliena persino la speranza. Come ad esempio quella dei comuni che non possono spendere per mettere in sicurezza i propri territori perché c’è da rispettare il patto di stabilità: un moloch cui bisogna sacrificare anche la decenza. Come dire che per l’Europa, per questa dannata Europa di frau Merkel, la sicurezza dei cittadini viene dopo il rigore dei bilanci. E se ci scappa il morto il problema è tuo. Bell’affare davvero. Bell’idea quest’Europa che ti strangola, ma col sorriso; che ti affoga, ma con circospezione; che ti umilia, ma niente di personale. Ci hanno così ben intortati alla fine del secolo scorso che ci abbiamo creduto tutti che fosse il nostro destino. E che la moneta unica, l’euro, fosse la svolta, l’approdo. Al punto che quel simpatico contaballe di Prodi Romano ci aveva pure garantito che avremmo «lavorato un giorno in meno e guadagnato un giorno in più». Che figata, ci siam detti. E che volpe questo buontempone bolognese. E giù applausi e voti. Ma non era così. Di vero c’erano solo le balle, il resto era fuffa. E quando il cavaliere di Arcore cominciò a dirlo, a sussurrarlo, quando seppur timidamente iniziò a raccontare a tutti quella che era un’altra verità, ovvero che i flauti magici della solita compagnia di giro ci stavano a prendere per i fondelli, per lui cominciarono i problemi veri. I guai grossi. Ma che Paese è mai questo? È l’Italia, bellezza mia. È il paese in cui il responsabile della Protezione civile è costretto ad ammettere che a volte lo Stato non sa difendere i suoi cittadini e che i fondi a disposizione per le emergenze sono «risibili». Il Paese del rimpallo delle responsabilità e dei premi in danaro per obiettivi mai raggiunti dai solerti funzionari. Accontentiamoci. E, nel frattempo, auguriamoci che il peggio sia alle spalle. Lontano da Genova. E da quei ragazzi che si affannano a togliere il fango dalle strade. Che il dio Eolo soffi lontano quelle nubi minacciose. Magari verso Berlino.