Genova come nel 2011 travolta dal fango e dalle polemiche. Nel cassetto 36 milioni mai usati per la sicurezza
Genova ancora una volta è una città sommersa dal fango e dalle polemiche che coinvolgono anche il presidente Pd della Regione Claudio Burlando. Ventiquattr’ore di piogge sono bastate per travolgere persone e cose e a far rivivere l’incubo dell’alluvione come tre anni fa. Il bilancio è di un morto, danni ingenti alla città, scuole chiuse. E un’allerta 2 idrogeologica, il massimo livello di attenzione emanato dopo dodici ore dall’inizio dei temporali e che durerà fino alle 12 di sabato. Non solo. Il commercio è in ginocchio. Attività allagate, imprese danneggiate, c’è chi ha perso tutto, chi ha salvato qualcosa. L’area interessata dall’alluvione è molto vasta, molto più vasta di quella del 6 novembre del 2011, quando fu il Fereggiano a vomitare il fango nelle case e nei polmoni della gente, quando il torrente spazzò via come fuscelli muri e auto, quando inghiottì per sempre la vita di due bambine e quattro donne. Questa volta l’ha fatto il Bisagno. La grande onda d’acqua che l’ha invaso ha scelto un uomo e se l’è portato via. Si chiamava Antonio Campanella, un infermiere in pensione. La notte questo temporale autorigenerante, frutto di bolle piene di fulmini che danzano sul mare prima di schiantarsi a terra, ha riempito il Bisagno fino a farlo scoppiare. E prima di lui, lo Scrivia. E dopo di lui, ancora una volta il Fereggiano. Tutto l’entroterra è un mare di fango. Nel 2011 la Camera di commercio e le associazioni di categoria avevano stimato danni per 96 milioni. E ora dicono allarmati: «I danni sono superiori». Si superano i cento milioni. Il governatore, Claudio Burlando ha subito chiesto lo stato d’emergenza. Ma con la pioggia, il fango e la distruzione è stato proprio lui a finire sott’accusa.
I soldi per mettere in sicurezza il fiume Bisagno ci sono da quattro anni, dal 2010: ma i quasi 36 milioni stanziati dal governo sono chiusi in un cassetto, bloccati da burocrazia e ricorsi vari. E così Genova, invece di avere nove chilometri di fiume in sicurezza, in una zona dove vivono circa centomila persone, conta ancora una volta danni e vittime. Ora Burlando, pressato dall’emergenza, ha lanciato al governo un appello per far sbloccare la situazione. Matteo Renzi, dopo aver dato la sua solidarietà ai genovesi ha definito «sconcertante il fatto che le opere pubbliche siano bloccate dalla burocrazia». Anche se poi ha minimizzato: «Ma non è detto che sia stata la mancanza di quell’opera pubblica l’unica causa di ciò che è accaduto». Dimenticando che la Liguria è da anni è amministrata dalla sinistra ed è una roccaforte del Pd. «Troppe volte – ha detto Renato Brunetta – negli ultimi anni la Liguria e Genova sono state interessate da simili incredibili eventi: ciascuno si assuma le sue responsabilità. Il Pd, il partito del quale il presidente Renzi è anche segretario e che in Liguria governa quasi dovunque, si assuma, di conseguenza, le sue».
Un duro j’accuse è arrivato anche da Marco Melgrati, capogruppo azzurro in Regione: «Dopo tre anni dall’alluvione del 2011, non possiamo non evidenziare che nulla è stato fatto per attivare la messa in sicurezza del Fereggiano. Certamente di fronte alla gravità degli avvenimenti di questi giorni la messa in sicurezza del Fereggiano non sarebbe stata risolutiva ma avrebbe potuto attenuare una parte degli effetti devastanti che hanno colpito duramente Genova. La colpa grave della sinistra che gestisce il Comune e la Regione sono sotto gli occhi di tutti, basta parlare, basta giustificazioni, bisogna mettere mano agli interventi strutturali, trovare i denari e risolvere i problemi. Il presidente Burlando abbia uno scatto di orgoglio e rassegni immediatamente le dimissioni».