L’Isis spiega la riduzione in schiavitù delle donne degli “infedeli”
La Turchia ha permesso agli Stati Uniti di usare le sue basi aeree, in particolare quella di Incirlik, vicino alla città di Adana, per combattere contro l’Isis. E dunque è partito anche da lì il contrattacco dei miliziani curdi che difendono la città di Kobane, nel nord della Siria, contro le forze dell’Isis, e che ha portato alla riconquista di alcune posizioni grazie al sostegno della Coalizione internazionale guidata dagli Usa, che ha effettuato cinque raid aerei. Questi aggiornamenti, riferiti dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), parlano anche in particolare, di una ripresa del controllo, dal parte delle forze curde, di due postazioni nel sud della città, e di un progressivo avanzamento anche nel settore est.
E mentre la guerra sul campo aggiorna strategie e fasi d’attacco, avanzamenti e perdite, nelle retrovie la battaglia dell’Isis viene combattuta – e non meno pericolosamente – anche sul fronte della propaganda. E infatti nel quarto numero della sua rivista online l’Isis sostiene la legittimità del rapimento e della riduzione in schiavitù sessuale delle donne degli “infedeli” in base alla legge islamica, un’interpretazione della sharia respinta dalla stragrande maggioranza del mondo musulmano. La formalizzazione di quella che è diventata una drammatica prassi, riferisce il sito della Cnn a riguardo, è riportata nella rivista online Dabiq. «Ci si dovrebbe ricordare che ridurre in schiavitù le famiglie dei kuffar», gli infedeli, «e prendere le loro donne come concubine è un aspetto saldamente stabilito dalla sharia, la legge islamica», sostiene il gruppo nella rivista pubblicata domenica. Il titolo dell’articolo è La rinascita della schiavitù prima dell’Ora, termine che indica il Giorno del giudizio. Nel testo si sostiene che le donne della setta degli yazidi, la minoranza curda insediata soprattutto in Iraq, possono essere legittimamente catturate e forzate ad essere concubine o «schiave sessuali», sintetizza la Cnn. E proprio domenica, tra l’altro, un rapporto di Human Rights Watch (Hrw), basandosi sulle testimonianze di detenuti e fuggitivi, aveva denunciato che i jihadisti dell’Isis tengono prigionieri centinaia di yazidi iracheni e costringono giovani donne e adolescenti a sposare i loro combattenti. Uno dei risvolti più dolorosi di questa guerra, che si consuma di giorno in giorno, e che rischia di far deflagrare molto a lungo i suoi drammatici effetti.