L’Italia in caduta libera dal 2011. E cioè dall’anno del “golpe” contro Berlusconi

15 Ott 2014 12:30 - di Silvano Moffa

Il Pil dell’Italia non è più cresciuto in termini congiunturali sin dal secondo trimestre del 2011. È quanto emerge dalle ultime tavole dell’Istat, ricalcolate in base ai nuovi conti nazionali. Dati che, peraltro, fissano a -0,1 %  il Prodotto interno lordo nel quarto trimestre del 2013, invertendo il segno positivo della vecchia stima. Condizioni che vanno peggiorando, come dimostrano le stime al ribasso degli ultimi mesi di quest’anno. È la fotografia di un’Italia in piena stagnazione, con un motore produttivo che arranca e perde colpi. Ma è anche la fotografia a ritroso di un percorso politico che andrebbe osservato e giudicato con meno pregiudizio e un briciolo di onestà intellettuale. Le analisi dettagliate dell’Istat , in sostanza, fissano uno spartiacque abbastanza chiaro in termini di capacità produttiva e di potenziale di crescita del nostro Paese, proprio a cavallo del passaggio di consegne tra il governo Berlusconi e il governo Monti. Fu infatti in quel turbolento 2011, come tutti ricordano, che tra manovre di palazzo, lettere teleguidate della Bce , impuntature quirinalizie e spietati giochi speculativi della finanza internazionale, si accreditò la versione, tanto cara alla sinistra e alla tecnocrazia di Bruxelles, di un Paese ridotto al collasso dalla insipienza dei governi di centrodestra guidati dal Cavaliere.

Al netto degli errori che pure il centrodestra ha commesso (e che sarebbe ora di riconoscere , se si vuole davvero ridare senso ad una opzione politica alternativa a Renzi che appaia credibile), è un dato di fatto obiettivo, oggi certificato dall’Istat, che fino a quel momento, l’Italia non era poi messa così male. Per carità, la crisi mordeva anche allora, la disoccupazione cresceva e le famiglie, come le imprese, avvertivano i segni di un malessere incipiente. Ma fu con la “medicina” propinata dall’ex rettore della Bocconi e il commissariamento di fatto del nostro Paese  che  si dette la stura ad una politica di lacrime e sangue che ha portato, in poco tempo, l’Italia ad avere il record assoluto della entità della pressione fiscale, una riforma del mercato del lavoro che ci ha fatto perdere posti e occupati, una riforma pensionistica assurda che ha creato la figura degli esodati e mandato in frantumi  i diritti acquisiti dai lavoratori. Da allora le cose non sono migliorate. Anzi, sono  sensibilmente peggiorate. Nelle stime rivedute e corrette dell’Istat c’ è molto più di un freddo elemento statistico. C’è il segno di una continuità  di politiche economiche tra Monti e Renzi. C’è il segno del fallimento di un modello che prende le mosse proprio in quel fatidico 2011. E che –  ahinoi! – perdura al di là delle prediche giornaliere e delle promesse di palingenesi dell’ex sindaco di Firenze.

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