Roma, l’Ugl in piazza: in migliaia contro la presa in giro del Jobs Act
Non solo Cgil. Anche l’Ugl ha convocato la sua piazza anti-renziana per dire no al “Jobs Act” e alla politica economica del governo. Nello stessso giorno della “chiamata” della sinistra e dell’ultrasinistra sindacale, da destra hanno risposto famiglie, giovani, anziani e lavoratori con un corteo di oltre 3000 persone partito a Roma da piazza Bocca della Verità fino a piazza Venezia. «Un risultato che non ci attendevamo in queste proporzioni», spiegano i segretari conederali Stefano Conti ed Ermenegildo Rossi». «E quando un sindacato “toppa” le previsioni – spiegano- vuol dire che la gente è veramente disperata e non ne può più delle prese in giro».
«Perché molta gente ha scelto la nostra piazza»
«Non siamo solo il sindacato della protesta e le nostre proposte trasversali si rivelano più vicino ai problemi veri del lavoro. Se nella manifestazioe della Cgil c’è una buona dose di segnali politici tra due diverse anime del Pd, noi non abbiamo questi laccioli e ci siamo concentrati su una vera politica economica che è il “grande assente” nelle parole e nei fatti del governo», analizza Conti. Da Bocca della Verità si sono mosse 3000 persone contro il Jobs Act che non serve al rilancio economico dell’Italia ed è andato in porto senza un confronto sindacale, a colpi di fiducia. «Si tratta di una riforma chiesta sostanzialmente dagli organismi sovranazionali, Fmi, Bce, banche d’affari. Il che vuol dire – prosegue – che non si va nella direzione del welfare ma nell’intenzione di demolire ciò che resta di questo».
Renzi cita il modello tedesco ma senza i contenuti
Il premier cita il modello tedesco solo a parole, solo la forma senza la sostanza, argomenta Conti. «Non sono i minijobs ma è la cogestione l’elemento qualificante con cui la Germania ha volato, ossia la “pax” tra lavoratori e imprenditori – peraltro prevista dall’articolo 46 della nostra Costituzione – oltre alle regole certe che la riforma di Renzi lascia nell’ambiguità». Ancora, il combinato disposto dell’abolizione dell’ articolo 18 con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti nelle nuove assunzioni , spiega Ermenegildo Rossi «è il gioco delle tre carte: se nei primi tre anni non ci sono tutele e contestualmente viene abolito l’articolo 18, il rischio di essere licenziati resta, o comunque si rimane nell’ambito del tempo determinato. Noi Ugl, al contrario, siamo sempre stati a favore dell’apprendistato: se l’azienda investe sul lavoratori in quei tre anni, difficilmente poi lo licenzierà. In questo modo Renzi tende a ridurre le tuttele e non ad estendere i diritti di chi lavora». Altri aspetti qualificanti delle proposte dell’Ugl riguardano il quoziente familiare e una diversa formulazione del Tfr, anche questa poco trasparente.