Non solo manifesti e megafoni: la militanza dei giovani missini passò anche per le radio alternative
“Alternativi al sistema”, si autodefinivano i giovani, della Giovane Italia prima e del Fronte della Gioventù poi, nei terribili ma gloriosi anni di piombo, gli anni Settanta. Che poi si protrassero anche per parte degli anni Ottanta, con la stessa violenza e la stessa intolleranza da parte proprio di quel “sistema”, quel “regime”, che il Msi combatteva dentro e fuori il parlamento. Essendo contrapposta a quella dell’establishment, la politica dei giovani del Msi non poteva che essere alternativa, e così, quando nacquero le prime radio libere, molte di esse si nominarono proprio Radio Alternativa, da cui poi derivò la caratterizzazione di tutte le emittenti anticomuniste o nazionali che dir si voglia. E Radio Alternative – La Destra che comunicava via etere è il titolo del saggio di Alessandro Alberti, giovane autore massese che ha indagato sul variegato e sfuggente mondo delle emittenti missine e dintorni che a un certo punto irradiarono con le loro canzoni, le loro tematiche, le loro lotte, tutta l’Italia. Radio Alternative (Eclettica edizioni, 312 pagine, euro 16,00) non deve essere stato un libro facile da scrivere, perché, come avverte l’autore nella sua introduzione, nessuno si preoccupò mai di tenere un archivio, un registro, una cronologia della radio di destra; tutto il materiale è venuto fuori da rari articoli di giornale e dalle testimonianze di chi quelle radio le fondò, le animò, le diresse, quasi sempre – anzi, sempre – rimettendoci tempo, ovviamente, ma soprattutto denaro. Non che costasse molto allora impiantare una radio libera, ma erano le spese di esercizio quelle che a lungo andare causarono la chiusura di moltissime di quelle circa cento radio che erano sorte in pochi mesi attorno alla fiamma tricolore di Almirante. Anche perché la pubblicità su una radio “fascista”, allora non te la dava proprio nessuno, e non è che adesso andrebbe poi tanto diversamente. Ma quale fu la caratteristica che unì tutte queste antenne tanto diverse, tanto distanti, ma tutte saldate da un minimo comun denominatore? Fu soprattutto una: il volontarismo, inteso come abnegazione, ossia quella molla che spinse centinaia di migliaia di giovani italiani a sacrificarsi e a lottare per cambiare la loro nazione, lotta che poi divenne disperata quando quel “sistema” cui accennavamo prima li avrebbe perseguitati e colpiti con ogni mezzo. Ma senza mai batterli.
Alberti ha svolto un lavoro di ricerca lungo, meticoloso, e molto preciso: ha rintracciato il poco materiale documentario esistente e poi – cosa forse più difficile – i protagonisti di quelle radio veramente eroiche. La storia di quelle radio si intreccia in modo indissolubile con quella della militanza su strada, spesso i dj di allora erano quegli stessi che poi andavano ad attaccare i manifesti e a dare volantini davanti alle scuole. E la radio era vista come una maniera per giungere a una platea quanto più vasta possibile, perché l’etere non ha confini. Un partito, o un movimento, come il Msi, che trovava sempre più difficile, man mano che il tempo passava, esprimersi, presentare le proprie proposte, semplicemente fare un comizio di piazza, avrebbe dovuto capire l’importanza di una risorsa “libera” come la radio. Nel momento in cui per far esprimere un’opinione a uno studente del Fronte si doveva effettuare un’occupazione militare di una data scuola, era chiaro che la radio poteva arrivare dove i mezzi tradizionali non arrivavano. Ma questo, purtroppo, il Msi allora non lo capì. O non tutto il Msi lo capì. Eppure le radio contribuirono a “lanciare” nell’ambiente – davvero underground – musicale della destra tutti quei giovani cantautori che cantavano le lotte e le battaglie di un certo mondo. E a questo proposito va detto con fermezza che molti di quei cantautori, se non si fossero schierati dalla parte sbagliata, avrebbero indiscutibilmente raggiunto lo stesso successo che hanno avuto i vari Dalla, De Gregori, De André ed altri. Se i “nostri” sono rimasti degli sconosciuti, lo si deve esclusivamente al fatto che erano considerati “fascisti”, quindi fonte e propalatori di ogni male. Le loro canzoni si passavano in maniera quasi clandestina, con le musicassette, rarissimi i dischi di vinile, e appunto attraverso i programmi delle radio alternative. Radio che nel settembre 1979 furono anche chiamate anche a un convegno sull’emittenza di destra, nel tentativo – intelligentissimo e lungimirante – di creare alla lunga un grosso network nazionale, tale da tenere testa a emittenti più ricche e blasonate e anche di dare fastidio alla stessa egemone Rai, vista allora dai giovani missini – e con ragione – come il nemico principale, per motivi che sono troppo noti per doverli qui ricordare. Ma, ahimè, il sogno non si realizzò, e così, negli anni successivi, progressivamente tutte queste radio chiusero. Le sezioni si svuotarono, le passioni di acquietarono, i giovani crebbero e fecero altro, così che anche in questo cupio dissolvi si confermò il postulato relativo all’indissolubile intreccio tra le radio alternative e la lotta politica.