Per la rimborsopoli lombarda chiesti 64 rinvii a giudizio
Si va verso un maxi-processo per la rimborsopoli lombarda, quel presunto scandalo che travolse, tra il dicembre 2012 e il gennaio 2013, decine di consiglieri eletti al Pirellone. Politici accusati di essersi fatti rimborsare con soldi pubblici spese assurde, come l’acquisto di cartucce da caccia o “gratta e vinci”, o elevatissime e ingiustificate, come cene da centinaia di euro per pochi coperti.
La Procura chiede 64 rinvii a giudizio
Il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e i pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio hanno inoltrato all’ufficio gip la richiesta di rinvio a giudizio per 64 persone. Quasi tutti ormai sono ex consiglieri perché non sono stati ricandidati. Ma c’è anche chi è ancora al Pirellone, come il vicepresidente del Consiglio regionale, il leghista Fabrizio Cecchetti, o Elisabetta Fatuzzo della lista Pensionati. «Sono perplesso e stupefatto che la stessa vicenda già conclusa positivamente davanti alla Corte dei Conti veda oggi la richiesta di rinvio a giudizio della Procura», ha commentato Cecchetti.
Fra gli altri ci sono Renzo Bossi e Nicole Minetti
Ora sulla richiesta di processo per i 64 indagati dovrà esprimersi il giudice dell’udienza preliminare. Tra le persone che rischiano il processo ci sono anche Renzo Bossi e Nicole Minetti, oltre a Davide Boni, ex presidente del Consiglio regionale, Massimo Ponzoni, Franco Nicoli Cristiani, Monica Rizzi, Romano Colozzi, Massimo Buscemi e Giulio Boscagli, per citarne alcuni dell’allora maggioranza. Per quella che era l’opposizione, invece, ci sono, tra gli altri, Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri, Carlo Spreafico ed Elisabetta Fatuzzo.
Quasi 700 pagine di spese folli
Nelle quasi 700 pagine di richiesta di rinvio a giudizio ci sono gli elenchi dettagliati di tutte le spese contestate ai politici. L’accusa per quasi tutti è peculato, mentre in due sono accusati di truffa. Si tratta di Boni e Galli, l’uno avrebbe dato informazioni non veritiere sul proprio domicilio per incassare i rimborsi di trasferta e l’altro avrebbe fatto ottenere una consulenza di 196mila euro al genero, anche lui tra gli imputati.