Sessanta anni fa Trieste tornò a far parte dell’Italia
Sessant’anni fa, il 26 ottobre 1954, sotto una pioggia battente ed un furioso vento di bora, una moltitudine di donne e uomini accoglieva le truppe italiane che, al comando del Generale De Renzi, entravano a Trieste. Tutta la città aveva vegliato quella notte, aveva aspettato i soldati col tricolore per abbracciarli e con loro abbracciare la Patria: perché era la Patria che tornava a Trieste e Trieste tornava alla Patria. Era la conclusione di una lunga storia di passione italica, il definitivo coronamento delle lotte risorgimentali del secolo precedente. La città simbolo della vittoria del ‘18, aveva vissuto, al termine della seconda guerra mondiale , un lungo, interminabile, tragico dopoguerra: l’occupazione da parte degli angloamericani, la precedente violenta sopraffazione titina con le stragi delle foibe, e l’incombere delle conseguenze di un ingiusto trattato di pace che la separava dall’Italia confinandola in un antistorico e assurdo “Territorio Libero”.
Gli ultimi martiri del Risorgimento
Un anno prima, il 5 e 6 novembre ’53, la rivolta di Trieste contro gli inglesi, nata per un Tricolore strappato, aveva costituito la premessa per quell’evento: i sei Caduti di quelle giornate furono uomini e ragazzi (e ricordo per tutti il più giovane, Pierino Addobbati, di 14 anni) che fecero rivivere in pieno ventesimo secolo stati d’animo, lotte, sacrifici di un rinnovato Risorgimento.“Gli ultimi Martiri del nostro Risorgimento”: così li definì anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nell’insignirli – nel cinquantesimo della seconda redenzione – della medaglia d’oro al valore.
Oggi alzabandiera in Piazza Unità d’Italia
Oggi Trieste celebrerà la ricorrenza con l’Alzabandiera solenne in Piazza dell’Unità d’Italia e con i tricolori alle finestre, ma oltre alla festa la città si interroga sul suo presente e sul suo futuro.La crisi morde, qui come altrove, la presenza industriale e commerciale decresce, il lavoro pure, il porto non decolla, la classe politica non dà certo il buon esempio (“rimborsopoli” in Regione ha mietuto vittime a destra e a manca)… C’è poi il sapore amaro di tante occasioni perdute: una città che geograficamente è baricentrica in Europa, teme di sentirsi periferia d’Italia, un estremità piuttosto che un’opportunità.
A sinistra c’è chi ancora ricorda il massacratore Tito
E può capitare allora, nell’anno del Signore 2014, di sentire il presidente del consiglio comunale (il rifondarolo Furlanic) inneggiare a “Tito liberatore di Trieste” o di incontrare bizzarri personaggi sotto le bandiere rosso alabardate (l’emblema del capoluogo giuliano) a vagheggiare il ritorno del TLT (Territorio Libero Trieste, ndr) in cui non si pagheranno più tasse e prospererà il paese del bengodi…Ma l’anima di Trieste rimane ugualmente e senza dubbi quella di una città intrisa di una italianità profonda e tormentata: lingua, storia, tradizione, orgoglio. Ma è anche una città che chiede meno retorica e scelte chiare sul futuro.
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