Su Pantani l’ombra della camorra. Vallanzasca rivelò: «I boss volevano fargliela pagare»
La Procura di Forlì conferma la riapertura delle inchieste storiche su Madonna di Campiglio ’99, la “macchinazione” ai danni di Marco Pantani per alterare le analisi del sangue e escluderlo dal Giro. Non ci sarebbe nuova ipotesi di reato oltre a quella già archiviata, associazione per delinquere finalizzata a truffa e frode sportiva. La chiave starebbe in ciò che Renato Vallanzasca, il boss della malavita, scrisse alla mamma del Pirata di essere stato avvicinato in carcere da un camorrista. «Non so come, ma il pelatino non finisce la gara», disse l’ergastolano nel penitenziario di Opera (Milano). E dopo il 5 giugno 1999, il giorno della squalifica del campione, lo riavvicinò per dire: «Hai sentito? Il pelatino è stato fatto fuori, squalificato». Vallanzasca lo scrisse anche nella sua autobiografia, e fu sentito dai Pm di Trento nell’inchiesta aperta sul presunto scambio di provette in cui all’inizio Pantani era parte lesa per finire poi indagato per frode sportiva, reato che non poteva essere ancora contestato perché era diventato tale solo nel 2000. I processi si chiusero con un nulla di fatto. Vallanzasca non rispose agli inquirenti trentini, ora ci provano il procuratore di Forlì-Cesena Sergio Sottani e il sostituto Lucia Spirito. Dalla Procura forlivese non filtra altro che non sia la riconferma del riesame dei vecchi fascicoli, e l’invito a non enfatizzare aspetti che devono ancora essere affrontati. Di certo c’è che l’offensiva dei legali della famiglia Pantani tenta di fare accertare che dapprima il Pirata (”mi hanno fregato”, urlava la propria innocenza Pantani) sia stato messo in condizioni di essere squalificato, con l’alterazione del sangue per fare risultare l’ematocrito a 51,9, quasi due punti sopra il limite massimo di 50, e negli stessi giorni, a Cesenatico, mentre si correva l’11/a tappa, minacciato di morte da chi aveva interesse a che non finisse la gara: ”Stavolta te la sei cavata, ma non finirai il Giro”. Tra la sua morte, avvenuta cinque anni dopo e le minacce per ora non sembra esserci ancora un’ipotesi processuale di relazione diretta. Ma la Procura di Rimini ha riaperto anche questo caso, nell’ipotesi che Pantani non sia rimasto vittima del suo finire nel tunnel della dipendenza smodata dalla cocaina, ma che sia stato invece fatto fuori, con un’altra macchinazione per depistare le indagini. La mamma di Pantani nel 2008, proprio dalla Procura di Forlì, era stata sentita come persona informata sui fatti, nell’ambito dell’inchiesta sulle minacce dirette al figlio e ricevute sul telefonino dall’ex capo tifoso Vittorio Savini, il giorno successivo a Madonna. Savini, poi, aveva confermato di aver ricevuto il giorno dopo i fatti di Madonna di Campiglio una telefonata anonima che lo avvertiva che “tutto sommato era stato meglio cosi’, altrimenti Pantani sarebbe finito male…”. Il 2 ottobre scorso, su queste vicende, il legale di Mamma Tonina, l’avv.De Rensis, aveva confermato di avere portato questi spunti di nuova indagine in procura a Forlì e che, come persona informata sui fatti su ciò che accadde a Madonna di Campiglio, era stato ascoltato dal procuratore Sottani il giornalista sportivo Davide De Zan.