Trattativa Stato-mafia, Napolitano risponde. Tre ore di deposizione

28 Ott 2014 15:17 - di

Alla fine di questa surreale giornata che per la prima volta ha visto un capo dello Stato trascinato – sia pure come teste – in un processo, quello sulla presunta trattativa Stato-mafia, di cui è dubbia persino la fondatezza giuridica, resteranno probabilmente solo polemiche. In ogni caso, la deposizione  di Giorgio Napolitano davanti ai giudici della Corte di Assise di Palermo c’è stata. Il tutto è avvenuto ll’interno di un Quirinale off-limits per stampa e tv.

La polemica del legale di Totò Riina

Il presidente ha risposto a tutte le domande pur potendosi avvalere delle prerogative del capo dello Stato.  Secondo quanto reso noto dal legale dell’ex-ministro Nicola Mancino, imputato in questo processo per falsa testimonianza, la parola “trattativa” non sarebbe mai stata usata” e Napolitano avrebbe risposto anche ad alcune domande poste dal legale di Totò RiinaLuca Cianferoni. Proprio quest’ultimo, uscendo dal Quirinale, non ha rinunciato alla polemica. “Napolitano – ha detto il legale – ha consultato delle carte durante la deposizione: lui ha avuto modo di avere quelle carte che il 15 ottobre sono arrivate dai pm di Firenze e che a noi parti private hanno richiesto una certa attività. Questo un teste normale non può farlo”.

“Con D’Ambrosio eravamo una squadra”

Quanto al contenuto di un’informativa riservata del Sismi del ’93, anno in cui l’attuale capo dello Stato era presidente della Camera e, come tale, possibile bersaglio di attentati insieme a Giovanni Spadolini, presidente del Senato, Napolitano ha riferito di non essere stato mai “turbato” da quelle notizie perché – ha spiegato – “faceva parte del suo ruolo istituzionale”. Non sono ovviamente mancati riferimento a Loris D’Ambrosio, consigliere del Quirinale per le questioni giuridiche, e autore della lettera scritta a Napolitano un mese prima di morire per un attacco cardiaco. Missiva che lo stesso Napolitano inoltrò ai giudici palermitani non senza aver prima specificato che sul suo contenuto nulla aveva da aggiungere poiché nulla sapeva. “Con Loris D’Ambrosio – ha detto il presidente della Repubblica – eravamo una squadra di lavoro”. 

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