Smascherato il bluff: la lotta all’invasione clandestina non è razzismo

15 Ott 2014 10:25 - di Priscilla Del Ninno

C’è voluta un’indagine accurata realizzata da ricercatori dell’Università svedese di Umea per fare chiarezza una volta per tutte e asserire, con matematica attendibilità, che il diffondersi della xenofobia e l’affermazione elettorale delle destre in Europa non sono affatto legati. E il report lo dice chiaramente: semmai, nonostante i fantasmi agitati da osservatori e polemisti europei dopo l’affermazione parlamentare ottenuta a Bruxelles dai partiti anti-immigrazione è il contrario. Malgrado gli allarmasmi preventivamente lanciati durante la campagna elettorale e gli scenari funesti prontamente paventati nell’immediatezza del responso delle urne del 25 maggio scorso, legati alla vittoria netta dei partiti populisti contrari al percorso dell’integrazione, lo studio svedese traccia una conclusione in controtendenza e afferma a suon di percentuali che la xenofobia nel vecchio continente risulta addirittura in calo.

Di più: entrando nei particolari dell’indagine condotta da Andrea Bohman e Mikael Hjerm che prende in esame i sentimenti di xenofobia e i percorsi politici di 16 paesi europei nell’arco di dieci anni, dal 2002 al 2012, e leggendo tra le righe dei dati al dettaglio che propone, si evince che vi sarebbero una serie di altri fattori, oltre alla xenofobia, ad aver determinato il successo di molte formazioni politiche di destra (come quello ottenuto dai Democratici svedesi alle ultime elezioni, quasi 13%). Ad esempio, una migliore organizzazione sul territorio e la semplicità nel veicolare il messaggio propagandistico. Gli stessi ricercatori del resto hanno detto al Dagens Nyether di essere rimasti sorpresi dal risultato dell’indagine, che può essere sintetizzata in questo modo: «I partiti politici di destra radicale non hanno automaticamente influenza sull’atteggiamento delle persone nei confronti dell’immigrazione». Anche perché, un conto è chiedere controllo e razionalizzazione di flussi migratori sistematici e continui che, in un contesto come quello europeo di recessione economica e minaccia terroristica, rischia di dare la spallata finale a un equilibrio socio-politico precario, altro è professare intolleranza tour court e confondere – come accade ormai da troppo in Italia a causa dell’operazione Mare Nostrum – un generico concetto di accoglienza con il dovere ad essere invasi addirittura con l’ausilio della Marina militare di bandiera.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *