“Andiamo a quel Paese”, Ficarra e Picone alle prese con la crisi
L’espressione furbissima, perennemente esagitata di Salvo Ficarra e quella stralunata, pietosa e compassionevole di Valentino Picone: ecco due facce che ci raccontano la crisi. La crisi vista dalla Sicilia, che perciò è tutt’altra cosa. “Andiamo a quel Paese“, il quarto film di questa coppia comica, è la storia di un ritorno. L’eterno ritorno dei vinti, di quelli che c’hanno provato, ma non ci sono riusciti, di coloro che il mitico ascensore sociale non l’hanno neppure visto partire.
La crisi è crisi. E costringe le famiglie a compattarsi per sopravvivere. A ricercare l’espediente, l’idea, lo stratagemma. Ficarra e Picone, partendo da questo assunto, calcano la scena con collaudata levità e con eleganza. Con quel loro botta e risposta sempre esuberante eppure sempre pulito. Con quella delicatezza che nulla concede all’insulto e al trivio, tanté che guardi questi due che battibeccano e gesticolano in continuazione e ti sembra quasi di rivedere Totò e Peppino (con tutto il rispetto e le debite proporzioni). Il racconto indugia sui due personaggi e sulle loro nevrosi, motivo di ironie e di svago per paesani indolenti e anch’essi piuttosto nullafacenti. Se il posto di lavoro è una chimera, bisogna industriarsi. Trovare l’idea.
E tra le brulle vallate riarse dal sole ove sorge l’immaginario Monteforte (altro non è che la splendida cittadina di Rosolini) i due protagonisti l’idea la trovano. Anzi, ne trovano più di una, conducendo lo spettatore lungo una strada cosparsa di gag e un finale carico di speranza. Sorrisi e risate sono garantiti. E seppur qualche scena appare un po’ stiracchiata, vale davvero la pena di andarla a vedere quest’ultima divertente fatica di Salvo e Valentino. 90 minuti di autentico relax. Soldi ben spesi.