Ecco i falsari emuli di Totò: banconote false da 300 euro rifilate alla Germania
Diciamo la verità: una banconota falsa da 300 euro rifilata alla Merkel ci restituisce un briciolo di orgoglio nazionale. E forse è questo quello che avranno pensato i falsari napoletani che, dopo aver prodotto quel bigliettone “impossibile” da 300 euro, sono andati a spacciarlo in Germania. Perfino gli occhi della Bce si erano appuntati su quel gruppetto di falsari sgominato dai carabinieri e clamorosamente noto in tutta Europa, che faceva parte del cosiddetto “Napoli Group“, sigla che include varie organizzazioni campane e a cui, secondo gli inquirenti, è riconducibile, addirittura, il 90 per cento degli euro falsi nel mondo.
I componenti della banda di falsari sgominata erano, peraltro, in contatto con esponenti della criminalità organizzata di vari Paesi europei, ai quali davano lezioni di contraffazione spostandosi da un Paese all’altro.
Le banconote venivano spese non solo in Europa, ma anche in Paesi africani come Algeria, Tunisia e Senegal.
L’intuizione di un carabiniere ha fatto partire le indagini sui falsari
È nato da un’intuizione del comandante della stazione carabinieri di Casagiove, in provincia di Caserta, l’impulso investigativo che, nel 2012, diede il via all’indagine sul cosiddetto “Napoli Group“, com’è stata soprannominata l’organizzazione criminale, e poi all’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e dai sostituti Giovanni Conzo e Gerardina Cozzolino.
Sviluppando quella traccia, in due anni sono state arrestate in flagrante una trentina di persone e sono stati raccolti gli elementi che hanno indotto il gip, Dario Gallo, a emettere le ordinanze cautelari: 29 arresti in carcere, 10 ai domiciliari, 12 di ieri di dimora e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.
Fra di loro spicca il nome di Domenica Guardato, la mamma della piccola Fortuna – vittima di abusi – morta il 24 giugno scorso dopo essere caduta nel vuoto a Caivano.
Secondo l’accusa Domenica Guardato acquistava consistenti quantità di banconote contraffatte da Giuseppe Manzo, un altro abitante del Parco Verde di Caivano arrestato. Successivamente la Guardato le rivendeva ad acquirenti abituali che provvedevano a spenderle nei negozi e nei supermercati.
Alla donna i carabinieri hanno notificato la misura che le vieta di dimorare nel comune di Caivano, dandole sei ore di tempo – che sono scadute alle 13 – per lasciare la città.
Ma la donna contesta questa ricostruzione: quando i carabinieri sono arrivati a casa sua, poco dopo le cinque di stamattina, Mimma Guardato, pensava fosse per qualche novità legata alla morte della sua piccola Fortuna. «E invece mi hanno detto che ero destinataria di un divieto di dimora, che dovevo lasciare casa. Ma io con questa cosa dei falsari non c’entro assolutamente nulla – dice – sto andando dal mio avvocato Gennaro Razzino per cercare di capire cosa è successo, cosa sta succedendo e perché io sono stata chiamata in causa in questa vicenda. So solo che quando ho visto i carabinieri ho pensato alla mia piccola Fortuna, non certo ad una vicenda del genere».
A chi, poi, le chiede se questa vicenda possa in qualche modo essere legata al suo ex-marito, attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano, Mimma risponde: «Ci siamo lasciati nel 2009, non so neanche la ragione per la quale è in carcere».
Il gergo della banda: “Cosariello” era il dollaro
La banda utilizzava un gergo molto particolare per sfuggire alle indagini. «Cosariello», «ambasciata», «l’americano» era il dollaro, ad esempio. Banconote e monete venivano designate con altri nomi, anche nel tentativo di depistare gli investigatori in caso di intercettazioni. Le monete, in particolare, venivano indicate come «scarpe», «pavimenti», «cartoline» e «gnocchi».
Oltre alle valute, la banda falsificava anche i “Gratta e vinci” e le marche da bollo.
Come spiegato dagli inquirenti, il “Napoli group” aveva ottenuto «il controllo completo del mercato internazionale mediante la distribuzione di rilevanti quantitativi di denaro falso immesso in Italia e in ogni parte del mondo».
Francia, Spagna, Germania, Romania, Bulgaria, Albania, Senegal, Marocco, Tunisia e Algeria i Paesi più colpiti.
Nel corso dei due anni di indagini finora svolti sul “Napoli group” sono state sequestrate 5.500 banconote e monete false di vario taglio per un totale di 1 milione di euro circa.
Tuttavia, dalle indagini sul “Napoli Group” dei falsari, ha spiegato il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo, non sono emersi elementi che riconducano l’attività a clan camorristici, anche se in un primo momento questa possibilità era stata ipotizzata.
Ma la competenza a occuparsi del reato di associazione a delinquere finalizzata alla produzione e alla spendita di banconote false dovrebbe comunque essere delle Direzioni distrettuali antimafia: è l’opinione dello stesso Colangelo, e del pm della Dna Maria Vittoria De Simone.
Secondo i magistrati, che hanno sollecitato agli organi legislativi la modifica della norma attuale, ciò consentirebbe di rendere le inchieste sui falsari più efficaci e meglio coordinate.