Immigrati, la protesta si allarga. Dopo Tor Sapienza tocca all’Infernetto
Corre ai ripari, Ignazio Marino, dopo il disastro politico di Tor Sapienza. In vista dell’incontro di martedì mattina con i residenti del quartiere, il sindaco di Roma assume nuove parole d’ordine sulla questione immigrati e accoglienza. Scopre il tema della legalità, annuncia nuovi servizi per le periferie, prova a metterci la faccia, dopo i lunghissimi giorni di assenza dai luoghi della rivolta. Ma scivola sul vecchio vizio di scaricare le colpe e, soprattutto, di non proporre soluzioni credibili.
Una nuova strategia comunicativa
È un piano d’attacco comunicativo piuttosto articolato quello che il Campidoglio ha messo in atto nelle ultime ore: è partito con la partecipazione di Marino a In 1/2 ora di Lucia Annunziata, è proseguito con l’arrivo a sorpresa del sindaco sul luogo di una nuova mobilitazione dei cittadini, quella all’Infernetto, dove sono stati trasferiti 17 dei minori che prima erano a Tor Sapienza, si è concluso con l’annuncio di incontri con i comitati dei quartieri in rivolta che svolgeranno sia lui sia i rappresentanti dei Municipi.
Ma il sindaco non è credibile
Ma è un piano che ha molte debolezze, a partire da un deficit di credibilità che accompagna il sindaco. Marino, all’Infernetto, ha assicurato che i minorenni trasferiti dal centro di accoglienza di Tor Sapienza rimarranno «il meno possibile», ma le sue parole non sono bastate a rassicurare i cittadini, che lamentano prima di tutto una situazione di degrado e abbandono pregressa, in cui furti e criminalità sono sgradita compagnia quotidiana. «Si aggiunge degrado al degrado», è stato l’allarme dei residenti, con i quali Marino ha giocato anche la carta della compassione.
I cittadini si sentono abbandonati
Il sindaco ha fatto incontrare i ragazzi trasferiti in quartiere e i residenti e, com’era ovvio, ha potuto rivendicare la commozione del momento. Ma in questa periferia di Roma, fatta di villette spesso nate dall’abusivismo, il problema non è l’aridità dei cuori. Il problema è il disagio del quotidiano, direttamente connesso con l’assenza delle istituzioni. «Non ce l’abbiamo con i profughi, vogliamo solo vivere sereni», «Non ci hanno avvertiti, non è giusto che il Comune scarichi sulle periferie altri problemi», sono alcune delle testimonianze raccolte dalla stampa romana.
Gli altri quartieri in allarme
Si tratta di stati d’animo che percorrono tutta la città e che ora fra i romani emergono in forma di allarme e rivolta di fronte alla possibilità che il proprio quartiere diventi l’ennesimo territorio su cui trasferire il problema di un’accoglienza dai numeri insostenibili. Nuove zone sono già in agitazione. L’Alessandrino su tutte, ma anche il Quarticciolo e Tor Pignattara, zone su cui già insistono centri stracolmi di immigrati. E che al sindaco chiedono soluzioni, strategie, programmazioni vere, magari anche una presa di posizione netta rispetto alle politiche per l’immigrazione realizzate dal governo, e non nuove tattiche comunicative o peggio lamentele sul fatto che «il Lazio assorbe il 22% degli arrivi e di questi il 90% arriva a Roma, dove in sostanza 1 su 5 presenti sono immigrati».