Jobs Act, primi “no” nel Pd. In 17 fanno tremare Renzi, ecco chi sono
Il voto sugli emendamenti al Jobs Act è approdato oggi alla Camera e nel Pd, dal relatore Cesare Damiano al capogruppo Roberto Speranza, è stato tutto un far notare che della fiducia non ci sarà bisogno, che la maggioranza (ma la lettura corretta è “il Pd”) tiene e che il Parlamento è sovrano. È stato, insomma, tutto un rincuorarsi sullo scampato pericolo di scivoloni interni, in vista della chiusura che deve arrivare entro mercoledì.
La rivelazione di Sel, che spiazza il Pd
Nel bel mezzo dei festeggiamenti, però, ci hanno pensato due deputati di Sel, Arturo Scotto e Nicola Fratoianni, a riportare i democratici con i piedi per terra: 17 deputati della minoranza Pd – hanno rivelato – hanno votato un emendamento di Sel in cui si chiede che l’articolo 18 rimanga per tutti dopo 1 anno di prova. Dal Pd non hanno potuto far altro che confermare, come ha fatto Alfredo D’Attorre, che sì, in effetti, alcuni colleghi «in ordine sparso» hanno sostenuto la proposta.
Un folta pattuglia di toscani e lombardi
I dissidenti sono: Tea Albini, eletta in Toscana; Ileana Argentin, eletta nel Lazio; Paolo Beni anche lui toscano; Marco Carra, eletto in Lombardia; Eleonora Cimbro, un’altra lombarda; Pippo Civati, brianzolo fra i lombardi; Gianni Cuperlo; Gianni Farina, eletto nel collegio Europa; Stefano Fassina; Filippo Fossati, un altro toscano; la romana Monica Gregori; Maria Iacono, siciliana; Francesco Laforgia, ennesimo deputato lombardo; Michele Mognato, eletto in Veneto; Barbara Pollastrini, altra lombarda doc; Chiara Scuvera, anche lei della Lombardia; Alessandra Terrosi, di Viterbo.
La preoccupazione (dissimulata) dei “piani alti”
Per capire quale sia stato il peso della “soffiata” di Sel e, ancor di più del segnale politico arrivato dai 17 dissidenti, basti dire che a replicare è stata la sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova. «In Aula c’è una discussione responsabile, siamo ottimisti che l’approvazione arriverà nei tempi previsti», ha detto, ripetendo che «la maggioranza ha retto senza bisogno di fiducia».
Ma c’è chi rivendica «libertà»
La questione, però, non sembra si possa ridurre al rango di incidente e mostra, anzi, una frattura profonda in seno ai democratici, come dimostrano le parole di Barbara Pollastrini. «Sul punto delicato del lavoro credo sia ammissibile una libertà», ha detto l’ex ministro delle Pari opportunità, aggiungendo che «penso che l’Aula abbia il dovere di esprimersi. E, per quanto riguarda la mia piccola storia, il tema dell’allargamento dei diritti intesi nella loro unitarietà – umani, civili e sociali – è una delle ragioni del mio impegno politico».