Legge elettorale, La Russa: bene le preferenze ma attenti ai trucchi
Luci e ombre di una partita complicata nella quale i tecnicismi sembrano prevalere sui contenuti delle regole del gioco. Ignazio La Russa mette i puntini sulle i al nuovo schema di riforma elettorale targato Renzi, che suona come un avvertimento a Silvio Berlusconi che negli ultimi tempi ha dato segnali di volersi sganciare dagli aut aut del premier. «Per ora siamo alle ricostruzioni giornalistiche, la proposta non è sul tavolo – spiega il presidente di Fratelli d’Italia – ma alcuni ritocchi sono auspicabli».
Partiamo dalla novità delle preferenze…
Sicuramente l’introduzione delle preferenze va nella direzione che Fratelli d’Italia-An ha sempre auspicato. La vera incognita però è rappresentata dalle modalità. Se permane, come sembra, la blindatura del capolista, si rischia di vanificare per quasi tutti i partiti la possibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento.
Sul premio di maggioranza alla lista, altro pomo della discordia, il premier non sembra intenzionato a cedere.
Il premio di maggioranza al partito più forte introduce un meccanismo che sembra non avere successo in Italia e che favorisce una spinta alla somma di posizioni politiche diverse in un carrozzone elettorale destinato a frantumarsi il giorno dopo delle elezioni. Vorrei, al contrario, un bipolarismo che nascesse per scelta e condivisione di programmi e non per necessità di sopravvivenza.
Quindi preferisce un premio alla coalizione?
Premiare il partito che vince ha un senso solo se viene abbassata la soglia di sbarramento al 3 per cento che garantisce equilibrio e permette ai due contraenti – partito maggiore e partito minore – la possibilità di scelta e di accordo sui contenuti, altrimenti si tratta di una prevaricazione del più forte che mette le forze minori in una condizione di subalternità. Purtroppo in questa dialettica si è ripreso a parlare solo di legge elettorale trascurando il tema delle riforme costituzionali, probabilmente per l’ipotesi che il presidente Napolitano anticipi la fine del suo mandato.
Per ora l’ammodernamento dell’architettura costituzionale non è una priorità dell’agenda politica.
Mi dispiace che Forza Italia non sia riuscita a portare a termine la battaglia per l’elezione diretta del presidente della Repubblica, o del premier, che, se avviata, avrebbe consentito una riflessione diversa e più articolata sulla legge elettorale magari introducendo anche il doppio turno. Poter lavorare insieme alla riforma costituzionale e a quella del meccanismo di elezione di Camera e Senato sarebbe stata un’occasione storica per restituire potere ai cittadini. E invece siamo fermi ai tecnicismi: per Fratelli d’Italia-An, e mi auguro per tutto il centrodestra, il presidenzialismo resta la via maestra per una democrazia compiuta.
Come finirà questa partita a scacchi tra Renzi e il Cavaliere?
Temo che dentro i confini di una trattativa a due sarà il premier ad avere la meglio. Ho paura che il Patto del Nazareno, sul quale si sono fatte mille congetture, invece che scricchiolare finirà per rafforzarsi mentre sarebbe stato necessario avviare con il premier un confronto a tutto campo con l’intero centrodestra evitando l’adesione di Forza Italia a una trattativa nella quale sui contenuti prevalgono interessi singoli e motivazioni extrariforme. A buon intenditor poche parole.