– 44 giorni al rientro di Latorre in India. Lo stesso marò rilancia il caso sul web
«Per mare per terram. E noi grideremo mattina e sera libertà per Max e Salvo»: è lo stesso fuciliere Massimiliano Latorre, a 44 giorni dal rientro in India per la fine del permesso concesso dalle autorità asiatiche per motivi sanitari, a riportare l’attenzione sul caso dei marò. Una vicenda drammaticamente irrisolta da oltre due anni e mezzo, grazie anche all’inerzialità e all’inadeguatezza delle autorità nostrane che si sono fin qui “rimpallate” il caso: dall’esecutivo Monti all’attuale governo Renzi, passando per Enrico Letta. Un caso intrappolato nelle maglie della diplomazia internazionale e, peggio ancora, della farraginosità del sistema giudiziario asiatico che da marzo del 2012 rinvia di corte in corte, la risoluzione della definizione specifica del caso penale e dunque, di rimando, il conseguente problema dell’attribuzione della sua giurisdizione, tirando di volta in volta ballo la Corte suprema, o agitando lo spettro della pena capitale prevista per reati di stampo terroristico.
L’appello sul web subito virale
Un caso che sembra interminabile e di cui non a torto Latorre teme evidentemente ulteriori dilazioni nel tempo, tanto da tornare a pubblicare, nell’imminenza del rientro, una nuova foto copertina sul suo profilo Facebook, su fondo nero con il fiocco giallo, simbolo della libertà per i fucilieri, uno dei quali, Salvatore Girone, è nel frattempo rimasto da solo a Nuova Delhi. E ancora una volta il tam tam sul web ha dimostrato di funzionare a dovere: l’immagine di Latorre è stata immediatamente condivisa da oltre cento sostenitori della causa dei marò, riscuotendo più di 450 «mi piace». Un appello divenuto nel giro di poche ore virale, a ennesima dimostrazione di una solidarietà di piazza capace di travalicare i confini spazio-digitali, in nome del rispetto per due vite, interrotte da quasi tre anni. Ecco, ad adiuvandum, le tappe del calvario dei nostri due marò.
Le tappe dell’interminabile vicenda
1 – Il 15 febbraio 2012 mentre la petroliera Enrica Lexie è in azione antipirateria, due pescatori indiani vengono uccisi al largo delle coste del Kerala. I due fuclieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono accusati dell’omicidio, ma loro si difendono spiegando di aver sparato colpi di avvertimento.
2 – A marzo 2012 i due Marò vengono trasferiti in carcere a Trivandum, capitale dello Stato federale del Kerala, e solo il 30 maggio viene concessa ai due militari la libertà su cauzione: i due marò vengono rilasciati il 2 giugno, e trattenuti in India, a Kochi.
3 – Il 22 dicembre 2012, dopo una serie di rinvii e slittamenti interminabile, la Corte del Kerala concede ai due marò un permesso speciale per Natale, con la «promessa» del ritorno: promessa che Latorre e Girone onorano rientrando in India il 4 gennaio.
4 – A marzo 2013 scoppia il caso diplomatico: l’allora ministro degli esteri Giulio Terzi annuncia che i due marò non torneranno in India dopo il permesso di quattro settimane concesso per le elezioni politiche di febbraio. Le autorità indiane rispondono minacciosamente, fermando l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini. Il governo tecnocratico di Monti rispedisce Latorre e Girone in India.
5 – Nel febbraio del 2014, tra interrogatori e rinvii, avvicendamenti governativi in Italia e in India, le autorità indiane provano ad attribuire il caso Marò alla Nia, l’agenzia di investigazioni indiana: svolta negativa che lascia presumere l’intenzione di sostenere l’accusa di terrorismo internazionale, poi decaduta.
6 – Ad agosto 2014 Massimiliano Latorre viene colpito da un’ischemia e ricoverato a Nuova Delhi, ottenendo a settembre il permesso di tornare in Italia per cure e convalescenza. A breve, però, dovrà raggiungere il compagno Salvatore Girone in India.