Bossi frena Salvini: la Lega non scenda al Sud. E il Cavaliere ringrazia
Tutto si può dire di Umberto Bossi tranne che sia prevedibile. Anzi, a buon diritto il senatùr può essere iscritto d’ufficio alla categoria di coloro che non annoiano mai. Una virtù in questi tempi di talksciovismo politico semopre identico a se stesso. Con tutti i suoi acciacchi, le sue disavventure e le sue amarezze, invece, il capo dei padani riesce sempre a tenere desta l’attenzione intorno a sé. Lo aveva imparato a sue spese il buon Maroni, un tempo delfino, poi reprobo, quindi riammesso ed infine ripudiato quando il buon Bobo armato di ramazza cominciò a predicare pulizia nella Lega squassata dagli scandali del tesoriere Belsito e dalle bizze del Trota, al secolo Renzo Bossi.
Bossi: nelle casse ho lasciato 30 milioni
Tocca ora a Matteo Salvini, leader del Carroccio in grande ascesa, sperimentare sulla propria pelle il vezzo bossiano dell’opinione cangiante. Dapprima salutato come «vero erede», l’ex-direttore di Radio Padania è visto ora come un eretico dal vecchio leone, a dir poco contrariato dall’idea di far scendere il Carroccio oltre il Garigliano. «Salvini si faccia il suo partito e ci lasci la Lega», ha ruggito domenica sera Bossi dal palco della Bèrghem Frècc di Albino. Il senatùr è andato giù duro anche sui conti in rosso della Lega, sorprendendo non poco chi si era ormai convinto che l’argomento cassa potesse per lui essere tabù. Invece, Bossi ha dribblato abilmente l’imbarazzo delle allegre gestioni del passato e gettando sul piatto della bilancia il tesoretto di 30 milioni da lui lasciato nella cassaforte del partito.
La fronda del Senatùr è un regalo di Natale a Berlusconi
Se tanto ci dà tanto, si può facilmente dedurne che lo sbarco di Salvini tra i “terroni” non sarà semplice nè fulmineo. Bossi vuol dargli filo da torcere, forse anche per dare una mano al vecchio amico Berlusconi, parecchuo infastidito dall’attivismo del giovane leader in quel Sud che il Cavaliere da tempo considera alla stregua di una riserva esclusiva (in quota centrodestra) di caccia elettorale. Ma, paradossalmente, può essere proprio la fronda del senatùr (ed ancor di più un’eventuale scissione) ad imprimere il sigillo dell’autenticità alla mefamorfosi in senso nazionale della Lega. Come sempre, in politica non tutti i mali vengono per nuocere. Sempre che Salvini sia all’altezza del progetto che si è intestato.