Buzzi alla cena vip di Matteo Renzi dove un tavolo costava mille euro
Con 40 milioni di fatturato, una cena da 1.000 euro a persona non poteva certo impensierire Salvatore Buzzi. D’altra parte lo dice lui stesso. «La cooperativa campa di politica. Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, cena, manifesti, lunedì c’ho una cena da 20 mila euro pensa…». Dietro di lui c’erano gli ex-detenuti che lavoravano. Dalla pulizia ai lavori di giardinaggio, dalle manutenzioni ai portierati, dalla gestione dei centri per gli immigrati ai servizi di emergenza freddo, dai servizi di segreteria, come quello all’Università di Roma Tre, alla spazzatura delle strade di Comuni come Formello, Lariano, Castelnuovo di Porto, Morlupo, Moricone, Anguillara, Castel Madama, oltre, naturalmente, a Roma.
Il gioco sociale delle cene fra politica e generone
Se ai soci della cooperativa toccava sgobbare sopra cumuli di monnezza, a Salvatore Buzzi toccava la parte certamente più ingrata: sorbirsi chiacchiere e cene da 1.000 euro per fare salotto, lobbyng e relazioni. Avvicinare questo o quello per ottenere un appalto. Blandire, supplicare, magari velatamente minacciare, come riportano le intercettazioni, per strappare un contratto, un sì, il pagamento di una fattura arretrata. Era questo il suo lavoro. Un lavoro, a suo modo, stressante. Come quella cena il 7 novembre scorso nel Salone delle Tre Fontane all’Eur. Cena di finanziamento, o fund raising, come si dice all’americana, per Matteo Renzi. Un’occasione da non mancare per chi, come Buzzi, cercava – e trovava – occasioni di incontro con il generone politico al quale chiedere piaceri. Pazienza se c’era da sborsare 1.000 euro a persona. Faceva parte del gioco.
Tavoli circolari ben apparecchiati, lunghe tovaglie candide, cristalleria da grandi occasioni e camerieri che vanno e vengono. L’occasione giusta per discorrere, per agganciare. E per farsi vedere, «c’ero anch’io alla cena…».
Un gioco sociale che ha i suoi perché. Un’occasione che, appunto, Buzzi non s’è lasciato sfuggire. Trapela con difficoltà la sua presenza al Tre Fontane. E si capisce. L’imbarazzo è pesante, ora, nel Pd, per quell’ospite diventato improvvisamente scomodo. Pecunia non olet, dice un vecchio proverbio. Ma nel Pd ora quei 1.000 euro gentilmente sganciati da Buzzi puzzano maledettamente di tangenti. Il problema è che, in realtà, nessuno sa dire, realmente, chi c’era e chi non c’era quella cena. Perché a parte i noti e invariabilmente paparazzati – dal boss della Roma, James Pallotta al produttore Fulvio Lucisano, dal regista Fausto Brizzi all’onnipresente Chicco Testa al costruttore Luca Parnasi – di molti alti si sa poco o nulla. La lista degli invitati c’è? Boh, non si sa, forse sì, forse no. In questi casi funziona spesso così: un’azienda acquista uno o più tavoli, una o più sedute. Poi chi c’è davvero seduto a quei tavoli non si sa. E alla fine, dal punto di vista dei fundraiser, poco importa. L’importante è che sgancino il gruzzolo.
L’amarezza del dem: la politica non poteva non sapere
«Se il Pd ha preso inconsapevolmente e a nostra insaputa soldi da Buzzi e dagli amici di Buzzi seduti al tavolo, che vengano restituiti all’amministrazione pubblica. La politica non poteva non sapere, non poteva non accorgersene. E’ una cosa serissima», esorta il dem Francesco Boccia.
Di fatto fra quelle 1.200 persone che la sera del 7 novembre affollarono i saloni del Tre Fontane per omaggiare Matteo Renzi, c’era di tutto e di più, con un rischio fino a un certo punto calcolato. Ma, la sostanza, è che la politica era mischiata al generone romano. Un cocktail micidiale, ottimo per fare affari, indigesto per la politica costretta a ingurgitarsi il bibitone per fare cassa.
Lo stesso Renzi lo sa bene. Quando gli chiedono se alla cena romana potessero esseci stati alcuni dei personaggi travolti oggi dall’inchiesta, il premier allarga le braccia. Già, chi può dirlo? D’altra parte il gioco sociale di queste cene è proprio quello, far immaginare agli invitati di potersi garantire, in qualche maniera, un ritorno per quel gruzzoletto messo sulla roulette. Rien ne va plus, les jeux sont faits.