Celtiche e fruttivendoli immigrati nella “piazza” di Cecchin. Che c’è di strano?

30 Dic 2014 16:57 - di Francesco Severini

Croci celtiche e fruttivendoli del Bangladesh a piazza Vescovio, piazza nera, piazza oggi dedicata al missino martire Francesco Cecchin, uno dei cuori di destra per cui non c’è mai stata giustizia. Uno strano accoppiamento, che fa notizia per il messaggero, e che fa venire in mente allo scrittore Marco Lodoli il “cancellino della storia”, cioè come si trasformano i luoghi per le azioni che vi vengono compiute. Con qualche equivoco però: la frutteria è stata aperta dove prima c’era una libreria della destra radicale, punto di incontro dei militanti di Forza Nuova. Sul muro campeggiava un’enorme croce celtica, che è rimata lì, intatta, con le cassette di arance e mele e pomodori davanti.

Il nuovo convive con il vecchio

Perché frutterie di questo tipo, a buon mercato, affidate a lavoratori che provengono dall’Asia orientale o anche a nordafricani, stanno diventando una costante in molti quartieri. Un’ “invasione” di sicuro poco gradita dai vecchi inquilini del negozio dove ora si vende frutta. Ma la celtica resta lì, perché gli immigrati ignorano forse i decenni di demonizzazione culturale di simboli – come la celtica appunto – erroneamente accostati al nazionalsocialismo. Celtiche e arance a poco prezzo, dunque. E l’immagine di quella strada si trasforma, il nuovo convive con il vecchio. Le memorie si sovrappongono senza cancellarsi. Perché il dato “storico” di piazza Vescovio non era la libreria di Forza Nuova, ma la morte per mano assassina del giovane Cecchin in un giorno di giugno del 1979 a pochi metri dalla piazza, in un cortile attaccato alla frutteria con celtica (sopra il negozio campeggia ancora la scritta “Lui vive, lui combatte”, anch’essa firmata con una celtica).

Luogo di pellegrinaggio

E così l’area è diventata negli anni un luogo di “pellegrinaggio”, luogo di appuntamento per l’omaggio del Presente a Francesco, la cui morte prematura e assurda lascia una pennellata di grigia mestizia sulla vita del quartiere e della piazza. Un’aria di tragedia ma anche di sfida che non si consuma e che non evapora. Le librerie aprono e chiudono, le frutterie anche, ma l’eco della storia è un’altra cosa, così come lo spirito del luogo, che sopravvive al “cancellino” del tempo.

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