Come nell’89 Dresda torna in piazza. Ma oggi contro l’Islam

9 Dic 2014 13:34 - di

E’ fuorviante bollare la protesta dei cittadini di Dresda, nel Land tedesco della Sassonia, che lunedì sono scesi in piazza in diecimila per protestare contro l’immigrazione clandestina e l’Islam radicale, unicamente come la solita manifestazione dei soliti neonazisti. «Lo ha riconosciuto anche la dirigenza del partito di sinistra Linke – scrive il Giornale.it – che, pur sottolineando la presenza dei militanti di estrema destra tra le file dei manifestanti, ha ammesso “la partecipazione di cittadini preoccupati che hanno radicalizzato negli ultimi tempi le proprie posizioni”. Ma chi sono, queste decine di migliaia pronte a scendere in piazza, e per cosa protestano? L’organizzazione che li riunisce si chiama Pegida, acronimo per “Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’occidente”: bandiere tedesche e niente vessilli di partito, la pretesa “di lottare per il futuro dei nostri figli contro il fanatismo religioso” e “di preservare la cultura tedesca”. Dicono di riallacciarsi alle proteste di fine anni ’80 che proprio qui, nella città più importante della Sassonia, videro migliaia di persone scendere nelle strade per protestare contro il regime autoritario della Ddr».

L’eredità delle proteste contro il Muro

Nel venticinquesimo anniversario dalla caduta del Muro i manifestanti di Pegida intendono raccogliere l’eredità di quelle proteste, sostenendo di volere preservare l’identità tedesca. Una visione che però non viene vista con favore dai partiti politici e dalle comunità religiose cittadine, che hanno indetto una contro-manifestazione che ha visto l’adesione di 9.000 persone. “Dresda non deve dimenticare quanti benefici abbia ricevuto per secoli dall’immigrazione“, ha sottolineato il sindaco della città, la cristiano-democratica Helma Orosz. Appena lunedì – ricorda sempre il Giornale.it – aveva fatto discutere, dentro e fuori la Germania, «la proposta della Csu (partito bavarese alleato di Angela Merkel) di imporre agli immigrati di parlare tedesco, anche a casa. Un’idea singolare che aveva immediatamente raccolto il biasimo di un ampio arco di forze politiche, e quindi rapidamente smentita dal numero due dello stesso partito che l’aveva proposta».

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