Hai Marx nel curriculum? In Italia sei il candidato ideale per il Quirinale

26 Dic 2014 12:16 - di Antonio Marras

Col favore del clima festaiolo, i grandi giornali d’opinione (in genere opinioni favorevoli al governo Renzi) si sono scambiati informazioni riservate sul possibile sucessore di Napolitano al Colle, individuando un soggetto conosciutissimo dagli italiani per le tasse e ben noto, per gli stessi motivi, anche nei grandi ambienti finanziari internazionali: l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. A quanto pare, sarebbe lui il prescelto da Matteo Renzi per garantirsi un Quirinale “non ostile”. In più – ed è questo il vero leitmotiv – “Padoan ce lo chiede l’Europa”, come è stato più volte sottolineato, come un triste presagio. Pier Carlo Padoan al Colle e Lorenzo Bini Smaghi, ex commissario Bce, sulla poltrona di via XX Settembre: su questo scambio di poltrone il premier starebbe provando a trattare con Silvio Berlusconi, consapevole che dalle altre opposizioni difficilmente otterrà voti su quel nome così governativo. Ma chi è Padoan? Un esimio ed autorevole comunista, brillante, ironico, preparato, molto stimato all’estero. Con un dettaglio preziosissimo nel curriculum: ex marxista-comunista convertitosi al verbo europeo del rigorismo a suon di frequentazioni d’alemiane e la direzione della Fondazione Italianieuropei. Un po’ come Napolitano, per intenderci.

Padoan e la “Critica marxista”

Appena laureato in Economia internazionale, a Roma, il probabile futuro inquilino del Colle cominciò a collaborare con la rivista del Pci “Critica marxista”, su cui, negli anni Settanta-Ottanta, iniziò il suo percorso di analisi critica dellle “vecchie ricette” keynesiane. Il suo padrino politico Alfredo Reichlin, storico esponente del Pci e partigiano, lo assisteva nelle sue diatribe ideologiche sulle riviste comuniste. «Nel 1975 Cri­tica mar­xi­sta pub­blicò una sua rela­zione dal titolo impe­gna­tivo, “Il fal­li­mento del pen­siero key­ne­siano”, che rias­su­meva il lavoro di un gruppo di gio­vani eco­no­mi­sti costi­tuito presso l’Istituto Gram­sci sul tema «Limiti del diri­gi­smo e fon­da­menti teo­rici della poli­tica delle riforme». Anche il Mani­fe­sto aveva dedi­cato grande atten­zione al tema già col dibat­tito ‘Spa­zio e ruolo del rifor­mi­smo” pub­bli­cato come volume nel 1973. Un numero suc­ces­sivo di Cri­tica Mar­xi­sta ospitò una nota cri­tica di Gian­carlo De Vivo, un acuto eco­no­mi­sta della scuola di Sraffa e Gare­gnani, e la replica dello stesso Padoan….».

Il cambio di profilo

Una svolta liberista, quegli attacchi a Keynes? No, un’uscita ” a sinistra”, scrissero i giornali, secondo cui Padoan, nella sua discussione, “nuo­va­mente con­clude riba­dendo la pro­spet­tiva di una fuo­riu­scita dal capi­ta­li­smo”. Oggi, però quel percorso di ravvedimento economico è  stato realmente sublimato nella conversione al rigorismo, che gli è valsa più di una ironia dal Nobel per l’economia Paul Krugman. A noi Padoan, un uomo di grande spessore, ricorda molto il Napolitano transitato dai deliri del comunismo della superiorità morale e politica del proletariato a quelli della borghesi monarchia tirannica dell’elite finanziaria che fa capo alla Merkel. Ma nel curriculum, il vecchio Marx, per passare da Botteghe Oscure al Quirinale, fa sempre comodo.

 

 

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