E ora Salvini vuole “rubare” gli operai alla Fiom di Landini
In principio fu galeotta la raccolta (riuscita) di firme da parte della Lega per l’abrogazione della contrastatissima legge Fornero sulle pensioni. Ora l’idillio tra Matteo Salvini ed il leader della Fiom, Maurizio Landini, si è spostato davanti ai cancelli della “Franco Tosi“, storico marchio dell’industria metalmeccanica nazionale con sede nella lombardissima Legnano.
Alleanza “rosso-verde” sulla Tosi di Legnano
La storia di questa azienda è purtroppo simile a quella di tante altre colpite dalla crisi. La solita trafila: ricorso alla Cassa integrazione, “tavoli” di concertazione, mediazione del governo, nomina del commissario straordinario. Il tutto con lo spettro del licenziamento. Alla “Tosi” sono in 300 a rischiare il posto di lavoro. La loro speranza è che una delle quattro proposte (Patel, indiana, Termomeccanica, italiana, più una di un imprenditore brianzolo ed un’altra di un suo collega bresciano) pervenute al commissario straordinario possieda i requisiti di affidabilità industriale e di solidità finanziaria.
Salvini e Landini pronti allo scambio di felpe
Ma quel che da un punto di vista politico-sindacale rende la vicenda della “Tosi” un fatto a sé è la possibile saldatura tra Lega e Fiom. Un obiettivo che conviene ad entrambe: la prima si accredita come forza politica che bada al solo, al cuore dei problemi, mentre la seconda può scrollarsi di dosso il ruolo di “clava” della Cgil e di affrancarsi dalle etichette di partito. Senza considerare che sia Salvini sia Landini hanno in tal modo la possibilità di far capire ai rispettivi mondi di provenienza (e di appartenenza) che sui temi del lavoro, dello sviluppo e della produzione industriale non esistono posizioni precossenza lasciarsi fuorviare dal colore politico dei manifestanti