Un film scatena l’ira dei coreani: vietato ridere del leader comunista
Vietato ridere del leader comunista. Parola di hacker. Pena: la morte. L’America perde la cyber guerra con gli hacker la Corea del Nord: la dittatura comunista affila gli artigli e mostra i muscoli, tanto da trovare un modo per imporre la censura anche al di fuori dei propri confini. La minaccia arriva dal cinema e deflagra sul web, fino ad arrivare ad assumere i connotati della crisi diplomatica: ma è una miccia molto più che semplicemente mediatica quella espolosa tra Stati Uniti e Corea del Nord, innescata dal film della Sony Pictures, The Interview, una commedia in cui gli attori Seth Rogen e James Franco interpretano il ruolo di due giornalisti coinvolti in un complotto della Cia mirato ad uccidere il leader nordcoreano e a ironizzare sul dittatore comunista Kim Jong Un, trasformato da integerrimo dittatore in vittima spettacolare. Uno spunto che i vertici dello stato asiatico non hanno gradito, tanto da scatenare un attacco hacker che i sistemi di sicurezza e gli apparati cinematografici americani non hanno sottovalutato né tanto meno screditato, arrivando al punto di indurre la Sony a cedere al ricatto e ritirare la pellicola dalle sale, annullando anche ogni progetto d’uscita in tv on-demand o con l’home video, della pellicola all’indice con l’accusa di dissacrare la fede intestata a uno dei più indiscussi – perché indiscutibili – leader del regime comunista nordcoreano.
Il cyberattacco della Corea del Nord al film
Un tono, quello usato dai pirati informatici sul web, che adegua pericolosamente il diktat censorio comunista al lessico terroristico moderno, declinato ad avvertimenti intimidatori che rievocano l’orrore degli attacchi «in stile 11 settembre». Un gruppo di hacker presentatosi in Rete con il nome di battaglia Guardiani della pace, ha “promesso” infatti di attaccare le sale che proietteranno il film facendo riferimento agli attentati dell’11 settembre del 2001, invitando gli spettatori a non andare nelle sale.«Vi consigliamo di tenervi a distanza da quei posti (se la vostra casa è nelle vicinanze, è meglio che ve ne andiate)», si legge addirittura in uno dei messaggi postati online. E ancora, «il mondo sarà pieno di paura», è uno dei vari avvertimenti postati con la scontata postilla contro il nemico imperiaqlista americano per cui – si legge nei messaggi spediti a Hollywood Reporter e Variety – «qualsiasi cosa capiti nei prossimi giorni è solo colpa della cupidigia della Sony Pictures Entertainment».
La difesa (con ritirata) degli Usa
Immediata è arrivata la risposta difensiva degli Usa con le 5 catene distributive a stelle e strisce (Regal Entertainment, AMC Entertainment, Cinemark, Carmike Cinemas e Cineplex Entertainment) pronte a non proiettare il film, coerenti con la linea dettata dalla Sony Picturesdi annullare la proiezione di The Interview, a partire dal 25 dicembre, dopo aver già cautelativamente cancellato, peraltro da diversi giorni, tutte le presenze pubbliche dei due attori protagonisti. Secondo quanto riferito in queste ore dalla Cnn e dalla stampa d’oltreoceano, gli sviluppi dell’indagine degli investigatori americani, partita dalla Rete, hanno portato ad appurare che dietro il cyberattacco alla Sony ci sarebbero hacker al servizio dei vertici della Corea del Nord. Ne sarebbe convinto, in particolare, il Federal Bureau of Investigation secondo cui l’affronto informatico non arriverebbe necessariamente dall’interno dei confini della Corea del Nord. Cambia poco comunque: la guerra al film è l’ennesima riprova del braccio di ferro tra democrazia e dittatura comunista, vinto dal regime repressivo nordcoreano con le armi del ricatto e della censura.