I vecchi metodi del Pci e l’antifascismo fanno sempre comodo. Anche a Renzi
Nonostante i sondaggi e nonostante sia al governo del Paese, la sinistra ha paura di perdere la cosiddetta egemonia culturale, l’occupazione sistematica di tutti i posti di potere in grado di garantire il controllo dei messaggi e del linguaggio, dell’istruzione e dell’informazione, la presunzione di avere la verità in tasca, la criminalizzazione del pensiero altrui. Su questi binari il vecchio Pci (e ora il Pd) ha tentato – spesso riuscendoci – di gestire larghe fette di società, plasmando l’opinione pubblica. E si è servito, per farlo, di tutti gli “amici” che aveva imposto nella cabina di regia, a partire dai vertici della Rai o dagli editori di alcuni grandi giornali. Ma oggi tutto scricchiola sotto i colpi del web, che veicola messaggi ad alta velocità e difficili da controllare. Di conseguenza “l’altra verità”, quella cioè degli avversari politici, può pericolosamente emergere, come sta accadendo in vari Paesi del Vecchio Continente, meno ostacolati dalle pozzanghere in cui è scivolata la politica italiana.
La “chiamata alle armi” di Renzi
“C’è una destra forte in Europa che punta all’egemonia culturale, ad affermare un messaggio molto pericoloso e penetrante. Rispetto a questa destra in Europa non c’è una sinistra altrettanto forte”, ha affermato Renzi e le sue parole erano dirette alla classe dirigente del Pd. “Bisogna affermare un nuovo modello”, ha aggiunto. L’invito, sottinteso, è quello di darsi da fare per non lasciarsi sfuggire di mano la situazione. Il primo passo è la solita tentazione di dare del demonio all’avversario, a una destra “pericolosa”. Qui Renzi non rottama ma recupera il vecchio vizio della sinistra, quello dell’antifascismo utile in qualsiasi occasione, rendendolo meno grezzo perché nascosto dietro un giro di parole. Parlare di “destra pericolosa”, infatti, sottintende “destra fascista” o “razzista”, la terminologia che fa comodo al socialismo europeo.
Quell’egemonia ridicolizzata
Il problema di fondo è che il vizietto di imporre messaggi e linguaggi ha avuto una progressiva perdita di credibilità, crollando nel ridicolo. Prima delle stagioni Letta-Renzi, c’erano state le prime prove tecniche di recupero, con tutti i poteri “condizionanti” che aiutavano l’ascesa di Monti. Basti pensare che le stangate più pesanti passavano con i nomi “Salva Italia” e “Cresci Italia”, nel tentativo di far credere nell’azione miracolosa del governo tecnico. Un flop. Successivamente, con l’avvento della Kyenge e della Boldrini, si è tentato di imporre un nuovo linguaggio: non chiamateli immigrati ma migranti; siamo tutti clandestini; non chiamateli zingari ma nomadi; non chiamateli nomadi ma rom; non chiamateli rom ma “caminanti”; la protesta è “razzista”, la rabbia è “fascista”. Ma è troppo tardi, il giochetto non funziona più.