Isis, il Califfato vende gadget e vite umane: affari da milioni di dollari

20 Dic 2014 14:34 - di Giulia Melodia

Isis: il nemico è già in casa: prima entra attraverso un sito italiano del Califfato, poi, dopo aver catechizzato i video girati da martiri della Jihad e da consumati foreign fighters attivi sul fronte islamico, con tutto il corollario di un merchandinsing a dir poco remunerativo fatto di magliette, bandiere, libri, e chi più ne ha, più ne metta. Venghino signori, venghino, alla fiera delle vanità jihadiste, dove per pochi spiccioli si possono acqusitare anche le anime di persone deboli, pronte a convertirsi alla causa di Abu Bakr al-Baghdadi, portavoce del Califfato e sponsor, insieme ad altri imam, della guerra d’odio contro il nemico occidentale. Un giro d’affari confermato in un’intervista esclusiva per il Tempo dal vice presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), il senatore Giuseppe Esposito, che dalle colonne del quotidiano romano avverte: «L’Isis, tra i suoi numerosi siti, ne ha anche uno con dominio italiano. Il portale è di proprietà di un polacco che vive in Germania». E, poco più avanti, entrando nel dettaglio delle informazioni, aggiunge: «Il merchandising che il Califfato è riuscito a costruire intorno alla nascita dello Stato islamico è un affare calcolato in circa 200 milioni di dollari».

Un merchandisng di gadget e vite umane

L’altra faccia dell’Isis: un’affare da milioni di dollari di gadget e di vite umane che non hanno prezzo. Come quella dei tanti miliziani italiani che hanno scelto di abbandanonare la tranquilla normalità della vita cittadina o di provincia del Bel Paese, per approdare, attraverso la Turchia, in Sira e in Iraq, pronti all’addestramento sul campo e al sacrificio estremo. L’ultimo in ordine di tempo ad aver risposto alla dawa – la chiamata alle armi – è Giampero, bolognese trentacinquenne, «spirito ribelle e plagiabile», laddove il secondo aggettivo conferitogli dagli zii dell’uomo, spiega meglio il perché di una scelta come quella che lo ha portato ad arruolarsi per l’Isis e a venire arrestato in un carcere di Baghdad, dov’è attualmente rinchiuso con l’accusa di terrorismo internazionale. «Per la nostra intelligence – spiega la Repubblica che a questo caso dedica un ampio servizio – è uno dei foreign fighters accertati». L’ennesima vittima della feroce – e industrializzatissima – propaganda anti-occidentale.

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