L’uomo nero, i neofascisti, il Msi: così si prepara la nuova demonizzazione
Su Repubblica di oggi c’è un titolo che colpisce, in cronaca: “Viaggio a Sacrofano, covo del Nero tra le ville dei boss e la statua di Almirante“. Il Nero è Massimo Carminati, “sapientemente” accostato alla figura di Giorgio Almirante. Tutti sappiamo che Carminati, al di là del suo effettivo profilo criminale, si presta benissimo ad incarnare appunto l’uomo nero che turba le aspettative dei buoni e democratici cittadini. E questo nonostante tutti sappiamo che il crocevia del malaffare romano era una coop presieduta da un tale che per la sinistra e il Pd era un idolo (non si contano le foto con esponenti vecchi e nuovi di largo del Nazareno).
L’obiettivo della cupola era il business
Secondo elemento: oggi a Prima Pagina (rassegna stampa di Radiotre) Concita De Gregorio commentava le notizie di cronaca sull’inchiesta Roma Capitale osservando che la cupola è più nera che rossa, al contrario di quello che scrivono i giornali di destra. E questo nonostante tutti sappiamo che il business era il primo obiettivo di questa cupola, del tutto indifferente al colore politico degli amministratori con i quali si rapportava.
Risuscitare il nemico fascista
Per qualche giorno si è pensato che tutto ciò fosse folklore. Invece no. Si respira, a leggere certi titoli, ad ascoltare certi commenti, un clima di ritorno al passato, una voglia di risuscitare l’antico nemico del pericolo fascista e soprattutto di cancellare ogni possibilità di “redenzione” per chi proviene dal Msi, come se Carminati fosse stato il solo leader in cui tutto un mondo, fatto di milioni di italiani, si riconosceva. Anche se tutti sappiamo che la tesi più credibile è che il compagno Buzzi abbia utilizzato Carminati per avere buone entrature presso il Comune dove era arrivato un sindaco di destra.
Negare la legittimità della destra italiana
Ora quanto sia vera questa impressione lo vedremo col passare delle settimane, intanto c’è un lungo articolo pubblicato da Internazionale che va proprio in questa direzione: l’azzeramento della legittimità della destra proveniente dal neofascismo, quasi si facesse fatica ad ammettere che dal 1946 in poi sia esistito un partito presente in Parlamento e che aveva accettato il gioco democratico. L’articolo è in realtà un saggio di una storica, Vanessa Roghi, ricercatrice all’Università La Sapienza, la quale vuole arrivare a sostenere che la destra romana si muove ancora, come negli anni Settanta, “su un sottilissimo confine tra legittimo e illegittimo”.
Accuse a “Fascisti immaginari” e a Telese
Ma non si arresta qui la sua requisitoria antifascista: Vanessa Roghi sostiene anche che il rinnovamento impresso da Fini alla destra italiana a partire dal ’93 è fallito perché quel substrato di fascismo violento che fece sorgere in passato formazioni come i Nar o come Terza Posizione è rimasto saldamente intrecciato alla “destra di governo”. Inoltre ritiene sia stato un errore connotare come fascismo pop certi personaggi della banda della Magliana attraverso operazioni come la serie Romanzo criminale, rimprovera alla sinistra di avere ceduto al fascino di operazioni culturali come qualla fatta da Filippo Rossi e Luciano Lanna con Fascisti immaginari, dove – sottolinea – non si parla né di stragi né di golpe. Rimprovera anche Luca Telese per il suo libro Cuori neri sui ragazzi missini assassinati perché non si trattava di “vittime inconsapevoli” ma di “militanti a tempo pieno forgiati negli scontri di strada” (e poco ci manca che dica che in fondo se la sono cercata…). In pratica, secondo Vanessa Roghi la “cupola” di Carminati ha potuto agire indisturbata proprio perché dal ’93 in poi è stato eseguito un recupero delle memorie della destra. Era sbagliato. Non bisognava farlo. Impossibile riconciliarsi, è questa la conclusione, con quel passato “nero”.
Il lavoro fatto da Fini ma non solo
Ecco, siamo a questo punto dopo appena pochi giorni di cronache su mafia capitale. Tutto il lavoro fatto (non solo da Gianfranco Fini, al quale va dato atto di avere impresso alla destra italiana un processo di maturazione con il quale non tutti sono stati coerenti) per demolire il cliché del fascio-picchiatore è andato in fumo. Anzi, la situazione è peggiorata con l’ingresso sulla scena del fascio-mafioso. Il neofascismo romano, non esente da degenerazioni e infiltrazioni e in parte permeato da ideologie violente, fu anche teatro di storie di eroismo per garantire sopravvivenza a una fetta di società che aveva l’unica colpa di non essere comunista.
La rubrica di Michele Serra
Ora è ridotto a barzelletta, come nella rubrica sull’espresso di Michele Serra: “Emergono nuove figure come Curzio Pletora, detto er Tagliola, divenuto una leggenda nel mondo del neofascismo romano perché strangolò a mani nude un cavallo delle Capannelle che aveva mandato all’aria una combine. O Romualdo Corbelloni detto er Corbello divenuto una leggenda nel mondo del neofascismo romano perché durante un conflitto all’arma bianca riuscì a procurarsi una cicatrice a forma di croce celtica…“. Esiste, non va negato, un sottobosco che offre il fianco a questa visione caricaturale. Ma le destre sono state molte. E dopo la strage di Bologna proprio a Roma il FdG scelse la strada della rottura con il neofascismo violento ed eversivo. Era quello il percorso da portare avanti. Non è stato fatto, e i rischi di involuzione (tutti politici) stanno nel lepenismo all’amatriciana e non certo nel risorgere di personaggi come Carminati. Intanto il mondo di fuori si fa l’idea che siamo un po’ tutti, noi che veniamo da una certa storia, abitanti del “mondo di mezzo”. Invece no, è un’infamia che va respinta.