Per il Quirinale Berlusconi chiede un “garante” anche se di sinistra

22 Dic 2014 12:48 - di Alberto Fraglia

Il risiko del Quirinale, potete giurarci, ci accompagnerà per tutte le festività natalizie, ed anche oltre. Tra nomi bruciati in partenza, nomi mantenuti in cauto riserbo e nomi pressoché improponibili, ci sarà da divertirsi. Basta aprire i giornali che vanno per la maggiore (ma che vendono sempre meno copie) per gustare l’antipasto di quella che, al momento, presenta l’aspetto di una guerra di posizione, tattica e velenosa al tempo stesso. Si tratta, comunque, di  una “guerra” dove ognuno cerca di non lasciare alibi all’avversario. Come nel gioco di scacchi, si dispiegano le pedine e si muovono i pedoni, nell’attesa della mossa che farà l’altro giocatore. Ma nessuno si scopre.

Il Patto del Nazareno

Così accade di leggere l’apertura de la Repubblica che annuncia urbi et orbi la lieta novella di un Berlusconi docilmente pronto ormai ad accettare che il nuovo Capo dello Stato possa essere anche un uomo di sinistra. Purché sia “una persona equilibrata, seria, competente, un garante”, sottolinea. Il ché, con tutto il rispetto, suona un po’ come la scoperta dell’acqua calda. Quel che il giornale del duo Mauro-Scalfari presenta come lo scoop del secolo non è nient’altro che aria fritta. Sono mesi, da quando con il Patto del Nazareno l’intesa con il premier Renzi si è fatta stringente in materia di riforme costituzionali e non, che Berlusconi  va ripetendo  di voler incidere  sulla elezione del nuovo presidente della Repubblica. Forte di un pacchetto di voti ( sulla carta 150, se non ci saranno defezioni, e Fitto permettendo) l’ex premier non intende mollare la presa. Finora ha sempre cercato di accreditare la tesi che il Patto del Nazareno, inteso come metodo per portare avanti l’iter parlamentare della riforma del Senato e di quella elettorale, non va messo in discussione. Se il metodo funziona per le riforme, non si capisce perché non potrebbe (dovrebbe) funzionare anche per l’elezione del presidente della Repubblica. Almeno questo è nelle intenzioni di Berlusconi.

I contraccolpi della designazione

Non è un caso che più o meno le stesse cose le dica Renzi. E qui sta la banalità della pretattica a cui stiamo assistendo. E’ noto che il premier teme i contraccolpi di una designazione non gradita all’interno del suo stesso partito (il precedente di Prodi resta una piaga purulenta) e allo stesso tempo non si fida più di tanto della capacità di tenuta verso i suoi del leader di Forza Italia. In più, nell’apertura di Berlusconi ai candidati della sinistra può celarsi l’insidia di chi  vuole sparigliare i giochi per far emergere le contraddizioni e le divisioni esistenti nell’altra metà del campo. Così la carta del coinvolgimento di tutte le forze parlamentari in quello che rappresenta, per mille motivi e altrettante implicazioni, l’appuntamento più rilevante dell’inizio del nuovo anno, è la sola giocabile al momento. Non fosse altro che per sondare il terreno. Spazio, dunque, al risiko. Con la crisi che c’è e una Italia che non riesce a riprendersi , nonostante le affabulazioni di Renzi, meglio, molto meglio distrarre l’opinione pubblica con il risiko sul futuro Presidente.

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