Quirinale, Forza Italia smentisce “Repubblica”: non voteremo per Prodi
Ricostruzioni «a dir poco fantasiose» basate su «scenari mai ipotizzati». L’ufficio stampa di Forza Italia ha smentito il retroscena di Repubblica secondo cui Silvio Berlusconi sarebbe pronto a non ostacolare Romano Prodi al Colle pur di raggiungere due risultati: mettere in difficoltà Matteo Renzi e beneficiare di un rinnovato protagonismo, come effetto collaterale del ritorno in campo del suo avversario storico. Una tesi che a San Lorenzo in Lucina hanno bollato come un «frutto esclusivo dell’immaginazione», che «non rappresenta in alcun modo la realtà».
Gli assetti politici in gioco
C’è di vero, però, nelle ricostruzioni dei retroscenisti che sulla partita del Quirinale non si gioca solo la questione del successore di Napolitano, le cui dimissioni sono attese per la metà di gennaio. Si giocano, invece, gli interi assetti della politica nazionale sia per quanto riguarda le alleanze, come nel caso del centrodestra, sia per quanto riguarda gli equilibri interni ai partiti, come nel caso del Pd.
Il dibattito nel centrodestra
La prima circostanza è oggetto di un dibattito alla luce del sole tra Forza Italia e Ncd. Per gli alfaniani è stato Fabrizio Cicchitto a parlare della necessità di un accordo tra i due partiti affinché vadano a trattare insieme con Renzi. «Questa intesa è decisiva per evitare ancora una volta slittamenti a sinistra o verso scelte di stampo giustizialista nell’elezione del presidente della Repubblica», ha detto il deputato di Ncd, al quale Osvaldo Napoli ha risposto che «le alleanze che si costruiscono attorno a questa elezione» investono «le prospettive politiche dell’area moderata». È stato poi Maurizio Gasparri a ribadire che, comunque sia, il governo non può prescindere dall’accordo con Forza Italia. «Senza di noi – ha detto – Renzi non va da nessuna parte».
I problemi di Renzi all’interno del Pd
Il premier, d’altra parte, si trova a doversi barcamenare su due fronti: non solo quello del confronto con le altre forze politiche, anche quello interno. Forse, soprattutto quello interno. Ma qui bisogna nuovamente affidarsi ai retroscenisti perché il dibattito resta tutto sotto traccia. È stato il Corriere della Sera ad affrontarlo, mettendolo in relazione con il Jobs Act. La legge sul lavoro – è la tesi – sarebbe stata utilizzata dal premier per legare a sé quella parte della minoranza dem maggiormente dialogante nei suoi confronti, soprattutto in vista del voto al Colle. A questo ragionamento si dovrebbe dunque la scelta di scaricare la linea dura di Ncd e non inserire l’opting out nei decreti, «tanto i renziani sostengono che il Nuovo centrodestra – scrive Maria Teresa Meli – per paura delle elezioni non giocherà brutti scherzi. Nemmeno al momento di eleggere il successore di Napolitano».