Renzi, un bilancio degno di Fantozzi. Ma lui si paragona ad Al Pacino
Un profluvio di chiacchiere e slogan. Più logorroico e autoreferenziale che mai, Matteo Renzi alla conferenza stampa di fine anno si è scatenato in un monologo di due ore e mezzo. «Stiamo facendo tutto quello che abbiamo promesso in dieci mesi. Abbiamo fatto degli errori, ma tutti i procedimenti sono stati avviati. Nessuno può negare che le cose non stiano cambiando», ha sentenziato il premier, che si è pure avventurato in paralleli imbarazzanti. Il bilancio è fantozziano, ma lui spiega: «Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica che cerca di dire ai suoi che ce la possiamo fare», ha detto tra l’altro Renzi. «Ogni punto è importante ma la squadra è forte», ha sottolineato Renzi facendo riferimento a un noto film statunitense del 1999 diretto da Oliver Stone. Al Pacino ha interpretato il ruolo di un allenatore di football americano che motiva la sua squadra portandola alle finali del campionato. «Siamo il governo che ha fatto meno leggi e più riforme. I primi 100 giorni abbiamo fatto meno leggi di tutti eppure abbiamo toccato temi in profondità. Dopodiché tutto è ancora da fare. L’idea che uno si accontenti mi fa rabbia».
«Non sono la Thatcher» e cita Marzullo
Rispondendo ai giornalisti Renzi ha riciclato il suo repertorio con qualche battuta nuova di zecca. «Se mi dicono che sono come la Thatcher non mi piace. Io vengo dai boy-scout». Un boy-scout che vorrebbe abolire l’Ordine dei giornalisti, in indiretta polemica con il presidente Enzo Iacopino che moderava: «Facevo lo strillone, adoro l’odore della rotativa. Adoro la serie tv The newsroom e mi piace da morire la funzione sociale del giornalismo. Ma avete presente questa marca di penne? (mostrando la sua stilografica) da quando c’è internet ha aumentato la produzione perché ha puntato sulla qualità. Con internet la qualità del giornalismo è incentivata: bisogna adattarsi a uno sforzo». E lo sforzo sarebbe quello di andare a casa. Un presidente del Consiglio con la sindrome da Pippo Baudo, quando alle 13 e 30 gli fanno cenno che sta per iniziare il Tg1. «Mi raccomando, sfumate la diretta, parta il Tg, non ricordo sulla Rai un segretario di partito o presidente del Consiglio che non sia stato così distante, sfumate…». Un premier che dà lezioni di giornalismo: «Il titolo che state dando in questo momento su Sky Tg24 alla conferenza stampa non mi piace…». Più spavaldo che mai: «Mi accusano di arroganza? Meglio essere giudicati arroganti che disertori». Mancano ancora quanti giornalisti? «Finiamo con il manifesto, sennò dicono che ce l’ho con la sinistra. Dopo c’è Radio Radicale, va bene allora finiamo con loro: mi faccio una domanda e mi do una risposta…». Un esordio da Al Pacino una chiusura da Gigi Marzullo.
Gasparri: «Gli annunci non cancellano il fallimento»
Il monologo di Palazzo Chigi viene bocciato su tutti i fronti dal centrodestra. «Renzi: annunci a 360 gradi che non cancellano una realtà fatta di più recessione, più disoccupazione e 326 imprese che chiudono ogni giorno», commenta Maurizio Gasparri. Ancora più duro Renato Brunetta: «Superficiale, generico e retorico…che barba che noia, che noia che barba». Il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio ironizza mentre la conferenza stampa è ancora in corso: «Renzi noioso e ripetitivo in conferenza stampa: “ritmo”; “ce la possiamo fare”; “rivoluzione copernicana…” Ghost writer in ferie?». Una bocciatura secca arriva anche da Giorgia Meloni. «Gli italiani sono sfiduciati dalle promesse non mantenute di Renzi. Ma siamo un grande popolo e ci riprenderemo il nostro futuro», commenta su Twitter il presidente di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale.