Terzi: «Sui Marò l’Italia s’infila nella jungla invece di seguire il diritto»
«L’Italia evita le vie maestre del diritto e scegli invece i sentieri della jungla. Questa è la mia sintesi sulla questione dei Marò». A dirlo è l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata in un’intervista al Quotidiano Nazionale. Terzi – che era ministro il 19 febbraio del 2012, giorno dell’arresto dei due marò in India e si è poi dimesso a fine marzo 2013 in dissenso con il presidente del Consiglio Monti – afferma che la decisione di rimandare i fucilieri in India nel marzo del 2013, dopo la licenza concessa per Natale, fu presa sulla spinta di interessi economici.
Le colpe di Monti e quelle di Renzi
«Lo disse chiaramente il presidente del Consiglio Mario Monti nel suo intervento del 27 marzo. Sui Marò cambiammo una posizione enunciata a tutto il mondo. Furono infatti gli indiani a violare gli affidavit. La Corte suprema di Nuova Delhi aveva detto che i due Paesi dovevano avviare consultazioni sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto Marittimo. Noi eravamo disponibili. L’India disse che non se ne discuteva neppure», spiega Terzi, oggi vicino alle posizioni di Fratelli d’Italia. L’ex ministro critica anche l’attuale presidente del Consiglio: «L’unica volta nella quale Renzi dice di aver parlato dei Marò è stato al G20 di Brisbane in un corridoio con Modi durante una pausa caffè». Piuttosto, a suo avviso, il caso andrebbe affrontato “sollevando la questione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Altre vie? «Mi risulta che durante il governo Letta sia stata sondata a Ginevra la ex alta Commissaria dell’Onu Navi Pillay. Mi consta che la porta fosse aperta, ma non è stato fatto nulla. Infine, c’era una terza possibilità. L’8 luglio scorso la Croce Rossa Internazionale ha inviato una lettera alla presidenza del Consiglio e ai ministeri interessati. Offriva i suoi buoni uffici. Non c’è stata nessuna risposta».