Il banchiere Davide Serra dietro il blitz di Matteo Renzi sulle Popolari?

22 Gen 2015 15:03 - di Silvano Moffa

Il colpo di mano di Matteo Renzi sulle Popolari ha lasciato una scia di sospetti che è il caso che qualcuno chiarisca. Ovviamente, quel qualcuno dovrebbe essere lo stesso premier. Dubitiamo, in verità, che lo faccia. Secondo alcune indiscrezioni, nella settimana scorsa presso gli studi londinesi del fondo Algebris si sarebbe svolto un  workshop avente ad oggetto il cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo. Niente di male, per carità. L’argomento , come sanno gli addetti ai lavori, è al centro di studi e seminari da molto tempo. Quel che desta curiosità è invece la circostanza che il seminario si sia tenuto in singolare coincidenza con il lavoro che i tecnici di Palazzo Chigi, nelle stesse ore, stavano facendo per confezionare il decreto legge, spuntato come un dardo a ciel sereno, nel bel mezzo del Consiglio dei ministri.

Perchè il ricorso al decreto legge?

Le prime bozze governative prevedevano un intervento sulla generalità degli istituti di credito cooperativo, nessuno escluso. Poi, una “manina” ha apportato una correzione, limitando la platea delle banche interessate dal provvedimento a quelle che hanno attivi superiori agli 8 miliardi. Per inciso, il decreto prevede la trasformazione delle Popolari in società per azioni, sopprime il voto capitario e, dunque, rende contendibili le banche. Il tutto da farsi entro 18 mesi. E qui veniamo al primo punto di domanda. Perché si ricorre ad un decreto legge, quando non se ne ravvede l’urgenza? Nessuno lo ha chiarito.

La Consob non ha niente da dire?

Negli ambienti finanziari milanesi tutti sanno che il più ardente sostenitore della trasformazione in società di capitali delle Popolari e delle banche cooperative è quel Davide Serra, fondatore del fondo Algebris e amico del premier, da più parti indicato in costante pressione su Renzi per ottenere quel risultato. Ora, se appare comprensibile e, per certi versi persino auspicabile, che le piccole banche si aggreghino in entità più grandi per reggere la concorrenza e migliorare la gamma dei sevizi da offrire agli utenti,  è fuor di dubbio che stabilire un  principio, peraltro in forza di un decreto legge, che una banca popolare sana e in crescita smetta di erogare credito in forma solidale e sussidiaria, è “aberrante”, per usare l’espressione di un esperto di micro-credito come Leonardo Becchetti. E se proprio dobbiamo dirla tutta: è sconcertante rilevare la strana sintonia tra le “correzioni” di Palazzo Chigi e l’agitarsi in Borsa del fondo Algebris a caccia di Popolari da aggredire. La Consob non ha niente da dire?

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