Musei, 2000 mancati funzionari protestano: patrimonio a rischio
Il patrimonio Italiano nonostante una legislazione specializzata e di antica tradizione – fu Bottai nel 1943 a formulare la prima legge di salvaguardia e tutela del patrimonio artistico e paesaggistico – rischia di andare in rovina per mancanza di tecnici nei ruoli del ministero per i Beni culturali.
Ma il problema non è causato da mancanza di risorse o di personale adeguato bensì dalla sciatteria della burocrazia del dicastero che dal 2007 spende tempo, denaro e energie per una procedura di selezione di personale che non ha dato i frutti sperati.
Duemila lavoratori non inquadrati
Ci sono infatti 2mila lavoratori che hanno fatto un regolare concorso per la progressione interna e che non possono essere inquadrati come funzionari tecnici, tuttavia quotidianamente svolgono mansioni superiori a quelle che spetterebbero loro da contratto. Basterebbe un emendamento al milleproroghe per risolvere questo annoso problema, così come è avvenuto per i lavoratori dell’Agenzia delle dogane. Un passaggio a costo zero per l’erario perché questi lavoratori sono già nei ruoli con stipendi che non possono progredire oltre. “In pratica – dicono – facciamo un lavoro di funzionari ma ci trattano come uscieri…”. Il riconoscimento che chiedono è giuridico e non economico. Questi “funzionari ombra” hanno dato vita a un comitato e protestano perché il ministero da cui dipendono non si cura della loro situazione.
Una battaglia culturale e non solo sindacale
Non è solo una battaglia sindacale: infatti gli attuali tecnici del Ministero, in maggioranza assunti nei primissimi anni ’80 per la legge 285/77, sono tutti in procinto di andare in pensione. Senza l’assunzione di nuovi tecnici e l’inquadramento di chi è già assunto ma non ha un adeguato riconoscimento giuridico per le mansioni di alta professionalità “sfruttate” dal ministero il rischio è che nessuno potrà stare più dietro a scavi abusivi archeologici, saccheggio del territorio, dispersione del patrimonio archivistico, promozione del cinema, del teatro e del turismo. Una disattenzione grave verso un settore in cui l’Italia dovrebbe, per rispetto della sua storia e delle sue memorie, ambire a una gestione d’eccellenza e che faccia scuola per altri paesi.