Braccialetti elettronici esauriti: il decreto svuota-carceri finisce in farsa
Sono finiti i braccialetti elettronici e i detenuti non possono andare ai domiciliari. Quello che doveva essere uno dei meccanismi per svuotare le carceri continua ad evidenziare i suoi limiti. Nel distretto di Palermo dal 10 dicembre non sono disponibili i dispositivi e la lista di attesa si allunga di giorno in giorno. La Telecom, che ha firmato una convenzione con il ministero della Giustizia, ne ha messi a disposizione 2.000 in tutta Italia, ma in molte aree non bastano. Stavolta a non potere uscire dal carcere è Giuseppe Tartarone Buscemi, arrestato per detenzione di armi. Il suo avvocato, Enzo Giambruno, ha fatto la consueta richiesta ma la risposta non è stata positiva. «Vi informiamo che la richiesta – scrive la Telecom – potrà essere evasa solo a fronte del recupero per fine misura di un dispositivo in esercizio. Resta inteso che tutte e richieste saranno evase in funzione dell’ordine cronologico di arrivo a codesta centrale operativa».
Una legge imposta dall’Europa
Gli strumenti elettronici di controllo sono diventati la regola, dopo l’approvazione del decreto legge varato dal governo Letta nel febbraio 2014. Fino a quel momento, nel disporre i domiciliari, il giudice li prescriveva solo se necessari. Per gli effetti della nuova legge, varata in risposta all’Europa dopo la sentenza Torreggiani, il giudice deve prescriverli in ogni caso, a meno che (valutato il caso concreto) non ne escluda la necessità. Si rovescia cioé l’onere motivazionale, con l’obiettivo di assicurare un controllo più costante e capillare senza ulteriore aggravio per le forze di polizia. Ma non si sono fatti i conti con la spending review e con le aberrazioni della burocrazia italiana.