Buttafuoco, An? Partenza bruciante. Peccato essersi persi per strada…
Con Pietrangelo Buttafuoco parliamo della storia di An e di quei giorni dal 25 al 29 gennaio del 1995 che hanno impresso al cammino del Paese in assoluto, e a quello della destra nazionale in particolare, l’imprimatur del cambiamento. Un’evoluzione nella nomenclatura del partito che stava nascendo dalla costola del Movimento Sociale Italiano, e nella classe dirigente che l’avrebbe orientato e guidato, da molti vissuto come uno strappo. Da molti altri come una svolta. Da altri ancora come un’opportunità irripetibile. Oggi, a distanza di vent’anni, per tutti genesi e sviluppo di An rappresentano, nella diversità delle considerazioni postume, un capitolo imprescindibile del cammino della destra italiana con cui fare i conti. E allora, abbiamo provato a ripercorrerne le tappe con Buttafuoco, giornalista, scrittore e intellettuale di area.
Allora Buttafuoco, vogliamo provare a rievocare quei tormentati quanto entusiasmanti giorni di Fiuggi?
A guardare indietro oggi, col senno di poi, non posso non partire dalla considerazione che accanto alla catastrofe politica che è seguita a quell’avvio folgorante c’è una disfatta che coinvolge non solo l’area direttamente interessata che era quella gemmata dalle antiche origini del Movimento Sociale Italiano, ma una sconfitta molto più ampia: la controprova dell’impossibilità di dare una rappresentanza politica e culturale a quella stragrande maggioranza di italiani che non è di sinistra e che non è mai riuscita, non riesce, e difficilmente riuscirà, ad avere una stagione politica che li possa rappresentare. E questo è successo a maggior ragione nel ventennio, perché An ha perso a mio parere la sua scommessa nel provare ad essere il lievito per quella che avrebbe dovuto essere un’alleanza molto più estesa, che avrebbe voluto coinvolgere sinergicamente con il berlusconismo, anche l’esperienza della Lega, e poi quella del cosiddetto centrismo libero dalle derive catto-comuniste. Un mancato raggiungimento dell’obiettivo a cui ha contribuito moltissimo la scomparsa di Pinuccio Tatarella: l’unico, vero protagonista di quella febbrile stagione.
Ecco, a questo proposito, quali sono stati a tuo giudizio, accanto a Tatarella, i personaggi chiave di quella avventura politica?
Pinuccio Tatarella su tutti: il periodo in cui lui opera ed è protagonista coincide con una fase del progetto entusiasmante, forte, vibrante. Bruciante. Si deve a lui il coinvolgimento nel progetto politico non solo dello stesso Silvio Berlusconi, ma se vogliamo essere precisi dal punto di vista della memoria storica, persino di Antonio Di Pietro, come di tutta la schiera dei bravissimi e velocissimi esponenti della Lega Nord, da Roberto Maroni fino ad Antonio Marano, che poi diventerà il vice direttore generale della Rai. E’ intorno alla figura e all’operato strategico di Pinuccio Tatarella, insomma, che nell’ambizioso disegno di An cominciano a confluire personaggi di ogni tipo, perché fu lui a capire, prima di tutti e con efficacia superiore a tutti gli altri, di dover lavorare nella direzione di quell’immenso terreno sociale della stragrande maggioranza degli italiani che non è di sinistra. E infatti, non era in quel momento di sinistra, anche se poi lì andò a convergere più tardi, Antonio Di Pietro. Non erano di sinistra gli uomini della Lega, anche se poi finirono nella cosiddetta <<costola della sinistra>>, per citare una definizione proprio di Massimo D’Alema, e non era di sinistra ovviamente Silvio Berlusconi che però poi, come noto, si sarebbe impegnato ulteriormente per laicizzare il sentimento diffuso degli italiani. Con la scomparsa di Tatarella tutto questo fine lavoro di intreccio e di ottimizzazione sinergica perderà moltissimo del suo spessore e della sua capacità di incidere, sia a livello culturale che sul piano specificatamente elettorale.
Eppure di bussole, di personalità in grado di dare le coordinate e di mappe d’orientamento politico-culturale ce ne sono state in questi due decenni…
Eppure, nonostante la partenza bruciante, a mio parere, essendo erede di un robusto percorso politico, sociale, letterario, filosofico, di critica dell’identità italiana, di un partito come il Msi, An è partita in svantaggio, con la responsabilità in più di dismettere lungo il cammino molti dei suoi elementi fondativi e caratterizzanti, finendo per precipitare nella “pesca delle occasioni. Cosa che, obiettivi, mappe e coordinate a parte, ha portato fuori strada…