Campi, la forza di An: insegnare alla destra a superare il passato

27 Gen 2015 12:19 - di Priscilla Del Ninno

Anche vent’anni dopo Fiuggi, Alleanza Nazionale resta il crocevia politico fondamentale in cui la storia della destra italiana ha imboccato la strada dell’utopia modernista ed europea. Il momento cruciale in cui, come disse Gianfranco Fini in un passaggio del discorso tenuto in apertura di congresso, si è realizzato che a guidare strategie e obiettivi doveva essere “non l’ideologia, ma l’interesse nazionale”. Di come si è dato corpo e anima al nuovo corso della destra italiana attraverso l’esperienza di An abbiamo parlato, allora, con Alessandro Campi, docente di Storia del pensiero politico all’Università di Perugia, ideatore e direttore politico fino al marzo 2013 della Fondazione Farefuturo, nonché giornalista e scrittore.

Allora Campi, cosa ricorda di quell’appuntamento con la storia, a partire dal suo atto costitutivo celebrato nei giorni di Fiuggi?

Io sono subentrato molto tempo dopo quei giorni di Fiuggi: ricordi personali non ne ho. Mi resta però il rammarico di un’operazione importante rimasta per molti aspetti incompiuta. Un rammarico che aumenta se considero il punto di partenza di quell’avventura che ha suscitato da subito un grandissimo interesse sulla popolazione civile e sul fronte dell’attenzione parlamentare.

E lei come ha vissuto quell’operazione che è valsa per la destra italiana un salto di qualità senza uguali?

Con grande interesse storico e curiosità intellettuale: stavamo assistendo a un processo che non si era mai verificato fino a quel momento nella storia di quel mondo politico, immediatamente accreditatosi come la forza di destra che diventava partito di governo riuscendo a mantenersi fedele a certi suoi princìpi di base, dimostrando però al tempo stesso di poter cambiare. In quella fase accadde qualcosa di veramente nuovo e radicale: se fino a quel momento il grande limite della destra rappresentata dal Movimento Sociale era stato soprattutto quello di una certa inclinazione nostalgica che riportava retrospettivamente al passato, con la nascita di An, grazie ad una nuova generazione politica pronta a sostituire la vecchia guardia missina, si accettava e si lanciava la sfida del futuro. Alleanza nazionale apparve, insomma, come una forza plastica, in movimento, capace di spinte propulsive in avanti, pronta a mettersi in gioco, e per la prima vera volta, fuori da ogni logica di chiusura, avulsa dal concetto autoreferenziale ed escludente di ghetto, o comunque, del confine rassicurante. Quella che si affacciava sulla scena politica del Paese era la destra finalmente in grado di interloquire con la società in tutte le sue articolazioni. Era la destra che accedeva alla discussione con tutte le categorie sociali, con i ceti professionali, per intercettarne il malessere e cercarne anche i consensi.

Anche perché a quel punto i numeri, si sarebbe visto immediatamente, si rivelarono funzionali a questo rinnovato scenario…

Certo: nel giro di breve An raddoppiò il bacino di voti che aveva avuto storicamente il Movimento Sociale, diventando stabilmente un partito del 10%-12%, quote raggiunte tradizionalmente dal Partito socialista nei suoi momenti di massimo fulgore. Addirittura AN, mi sembra in una consultazione elettorale europea, arrivò a raccogliere il 14% dei consensi. Tutto questo però, evidentemente, poggiava su basi che nel tempo si sarebbero dimostrate fragili o comunque non impermeabili alla crisi.

Ecco, allora cosa secondo lei ha minato dall’interno la stabilità di questo ambizioso progetto?

Diversi fattori: innanzitutto il fatto che l’operazione culturale, ideologica, che aveva favorito la nascita e lo sviluppo di AN, a un certo punto si è interrotta, trasformando quella forza politica, diventata sistema di governo, in un partito pragmatico; è finito, cioè, quello slancio di elaborazione che aveva fatto nascere Alleanza Nazionale, e ci si è messi un po’ culturalmente al rimorchio di altri soggetti, senza riuscire più a rinnovarsi autonomamente e in maniera riconoscibile. Cosa che ha contribuito a sua volta a far inaridire il soggetto politico.  E poi c’è stato l’elemento Berlusconi, che si è inventato la formula inedita del centro destra all’interno della quale ha inglobato e assorbito An e la Lega. Ma quella dell’alleanza con il leader di Forza Italia apre un altro scenario che, complice anche un clima politico diverso, inaugura un’altra storia…

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