Canada, giro di vite contro il terrorismo: in carcere anche senza accusa
Linea dura canadese contro il terrorismo. Anzi, durissima. Gente seria i nord americani, pronti al giro di vite senza se e senza ma per far fronte a kamikaze e foreign fighters generati a profusione dal fondamentalismo islamico. Il Canada ha annunciato una nuova legge antiterrorismo che permetterà di tenere in detenzione fino a sette giorni, anche senza accusa, chiunque sia sospettato di essere coinvolto in un complotto eversivo. La legge, annunciata venerdì sera, renderà inoltre reato minacciare – pubblicamente e online – un attacco terroristico, anche senza la presenza di fatti specifici, e amplierà i poteri dell’agenzia di spionaggio canadese. Come dire che non è previsto il minimo margine di movimento per qualunque velleità stragista interna o internazionale.
La linea dura canadese
Del resto già lo scorso ottobre, alle prese con un Paese sconvolto da ben due sanguinose offensive sferrate nel giro di pochi giorni, il premier Stephen Harper aveva garantito che il Canada non si sarebbe fatto intimidire nonostante l’attentato compiuto al Parlamento di Ottawa in cui era rimasto ucciso un soldato di origini italiane: un agguato violento realizzato da un canadese trentaduenne convertito all’Islam. E solo pochi giorni prima un altro adepto di recente acquisizione votato al credo islamico e alla violenza jihadista, il venticinquenne Martin Couture-Rouleau aveva investito due soldati, uccidendone uno, vicino Montreal. Non a caso, peraltro, i due assalti terrorisitici contro militari canadesi, entrambi di matrice islamica, erano arrivati a pochi giorni dall’annuncio della partecipazione di sei caccia di bandiera alla campagna di bombardamenti contro i miliziani dell’Isis in Siria e Iraq.
Il dopo-attentati
Non solo: il 10 gennaio scorso la polizia canadese ha reso noto di aver arrestato due gemelli di 24 anni: due foreign fighters pronti ad andare a combattere all’estero e fermati con l’accusa di terrorismo. Oggi la sterzata finale: a dimostrazione di una politica strategica intestata all’inflessibilità e alla determinazione nel fronteggiare una minaccia insidiosa per le molteplici sfaccettature e le continue evoluzioni del fenomeno terroristico. D’altro canto era stato lo stesso premier Harper a dichiarare alla riapertura dei lavori parlamentari dopo l’attentato che se lo scopo era «instillare paura», il Canada era pronto ad dimostrarsi «vigile», ma «non impaurito». E questo ha fatto.