Censura “rossa” in Cina, i libri di testo occidentali finiscono all’indice
Cina e censura: che novità. Un binomio indissolubile rinverdito ciclicamente in ossequio al sapiente credo governativo per cui “prevenire è meglio che curare”: un dogma che non passa mai di moda, specie nei regimi non proprio liberali. Così, le previdenti autorità comuniste cinesi ne hanno pensata – e instaurata – un’altra delle loro. Questa volta la scure censoria si è abbattuta infatti sull’insegnamento dei valori occidentali che verrebbe impartito attraverso “minacciosi” libri di testo nelle università del Celeste Impero. A chiedere il taglio censorio il ministro dell’Istruzione, Yuan Guiren, il quale, perfettamente in linea con la campagna ideologica voluta dal presidente Xi Jinping, ha pensato bene di porre un’argine alla “dilagante” influenza dei valori culturali occidentali sui giovani cinesi, spegnendo così ogni barlume di curiosità e stroncando ogni velleità intellettuale. Per il ministro, infatti, che ha parlato ad un simposio dinanzi ai rettori delle maggiori università di Pechino, «devono essere banditi discorsi di ogni sorta che possano recare imbarazzo e vergogna ai leader del partito e al socialismo». E quale testi più pericolosamente eretici di quelli divulgati dal nemico liberista occidentale, “opportunamente” finiti all’indice del Torquemada cinese?
L’inquisizione cinese
Un processo, quello della censura dei testi finiti al vaglio dell’inquisizione ministeriale, entrato nel vivo un mese fa con una direttiva con cui si invitava le università a rafforzare l’insegnamento del marxismo e del socialismo di matrice cinese per assicurare che questi valori continuino ad essere inculcati «nelle teste degli studenti». Un dogma, quello della persuasione neanche troppo occulta dei precetti comunisti, che l’autorità di Pechino è tornata a declinare al mondo studentesco, e riportato ufficialmente dalla stampa di Hong Kong. E pensare che finora le autorità comuniste si erano “limitate” a interventi censori su editori stranieri alle prese con foto del Dalai Lama – rigorosamente estirpate dal volume – o che improvvidamente si sono avventurati nei meandri violenti della Rivoluzione culturale – sapientemente edulcorati – stampati e purgati in Cina a basso costo. Un risparmio apparente costato in quel caso all’Occidente e alla Cina il prezzo politico della revisione ad hoc…