Il colosso cinese rallenta. L’Europa si preoccupa: e ora come la mettiamo?

20 Gen 2015 12:57 - di Antonio La Caria

La locomotiva cinese rallenta. Nel 2014 – fa sapere l’Ufficio centrale per le statistiche di Pechino – l’economia è cresciuta solo del 7,4%. Un “solo” che ha qualche significato se riferito alla Cina, perché il resto del mondo simili tassi di sviluppo se li sogna: l’Europa è in panne, gli Stati Uniti vanno ma hanno dimenticato simili velocità, la Russia ha ingranato la retromarcia e nel 2015 vedrà il prodotto interno lordo ridursi del 3%.

Sviluppo ai minimi da 24 anni

In ogni caso gli operatori economici dagli occhi a mandorla sono preoccupati, perché questo tasso di sviluppo è il più basso degli ultimi 24 anni. Una preoccupazione che investe anche le altre economie mondiali e i produttori di materie prime. Il primo gruppo, perché se la Cina rallenta le esportazioni ne risentono, il secondo perché i cinesi, con la loro industria manifatturiera e con un miliardo e mezzo di persone, sono grandi consumatori di ogni sorta di minerale e di genere per l’alimentazione. Per trovare un tasso di crescita così basso dell’ economia del Dragone bisogna tornare indietro fino al 1990, quando la Cina era sotto un regime di sanzioni causato dalla strage di piazza Tiananmen dell’anno precedente. Dopo il “decennio d’oro” iniziato nel 2002 con tassi di crescita annuale sempre superiori al 10%, la Cina ha rallentato a partire dal 2012, quando si e’ fermata al 7,7%, un tasso mantenuto l’anno seguente. Il rallentamento era atteso ed è stato provocato dalla crisi del modello basato su bassi salari, investimenti pubblici e industrie altamente inquinanti, oltreché sul protratto boom dell’edilizia.

Edilizia in frenata

Quest’ultimo settore ha fatto registrare nel 2014 una decisa frenata, che si è ripercossa sulle industrie del cemento, del vetro e dell’acciaio che sono affette da un eccesso di produzione cronico. Il passaggio a un modello di sviluppo nel quale il consumo interno abbia un ruolo maggiore, secondo gli osservatori, richiederà ancora qualche anno. In marzo, il governo di Pechino ha annunciato che per il 2015 si aspetta una crescita “intorno” al 7%, in una marcia indietro rispetto al decennio precedente, nel quale l’ 8% era ritenuto il tasso di crescita “minimo” per evitare tensioni sociali che possano mettere in crisi il regime a partito unico. Come dire che la spia rossa del carburante che si accende non significa che il motore dovrà per forza rimanere in panne, ma ricorda a chi guida la macchina che deve fermarsi dal distributore per un rabbico. Per la Cina si tratta di ritarare il tutto: un’economia più moderna potrebbe rappresentare un nuovo Eldorado per l’intera capacità produttiva del Pianeta.

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